“La credibilità di un arbitro passa, tra le altre cose, dalla presentabilità, ovvero aspetto fisico e abbigliamento. Le occhiaie che arrivano al mento certamente non desteranno professionalità in chi lo vede. L’ideale sarebbe una bella giacca, ma soprattutto avere un aspetto curato nel dettaglio, la barba, i capelli, e avere un viso estremamente riposato”. Lo ha detto l’arbitro Daniele Doveri di Roma in un webinar organizzato dall’Aia a Lissone e rivolto ai giovani arbitri: “C’è anche il tema della relazione: una bella stretta di mano dà l’impressione di un arbitro sicuro e pronto. Poi inizia la partita: accade qualcosa, decido. Nella vita di tutti i giorni 3-4-5 secondi non sono niente, in campo sono una vita. Una decisione passa da credibile a contestata in questo lasso di tempo. Ma serve un body language netto, appropriato. Se fischiamo con tempismo e sono vicino all’azione, ma non facciamo capire di chi sia la punizione, creiamo indecisione. Dobbiamo fare di tutto affinché le persone continuino a crederci. L’errore non è un problema, fa parte del nostro ruolo. Ogni domenica dobbiamo prendere decisioni in campo, ne prendiamo centinaia, ci sta che qualcosa ci sfugga per vari motivi. Non è un problema, diventa tale solo se l’errore ce lo portiamo dietro e rimaniamo con la testa a quel minuto fino al fischio finale, a quel punto mettiamo in fila altri errori causati dal fatto che la nostra partita è finita al primo errore”.