Quella della panchina della Juventus in questo agosto è una storia che sarebbe stata assurda anche se fosse stata inventata. Da Sarri a Pirlo in poche ore, in seguito all’ennesima cocente eliminazione dalla Champions League, un cambiamento talmente radicale da aver sorpreso chiunque all’esterno, dai tifosi ai commentatori. Sabato mattina l’allenatore della Juve era un tecnico di grande esperienza, un idealista partito dalla cadetteria per arrivare fino ai palcoscenici più ambiti del mondo; sabato sera, al suo posto era già stato nominato un ex grandissimo calciatore che non è ancora nemmeno ufficialmente in possesso del patentino da allenatore. I dettagli concorrono a rendere l’accaduto ancora più incredibile: per la Signora si tratta del secondo esonero consecutivo nei confronti di un allenatore campione d’Italia, della parola fine su un progetto tecnico che avrebbe dovuto essere di lungo periodo, della promozione in prima squadra di un allenatore che pochi giorni prima era stato presentato come mister dell’under-23. Ma perché? Cosa ha spinto Agnelli e il resto della dirigenza bianconera a prendere una decisione così clamorosa e senza precedenti?
In primis, l’intera questione va giudicata in un’ottica più ampia. Una delle conclusioni che avevamo tratto dall’esonero di Sarri era che probabilmente la Juventud aveva sottovalutato le esigenze del suo nuovo tecnico, consegnandogli una rosa fin troppo ricca di elementi lontani dalla sua idea di calcio – un’idea su cui Sarri rifiuta compromessi o li accetta tappandosi il naso. A questo punto i bianconeri erano davanti a un bivio: o investire tanto nel rinnovamento della rosa, o cambiare guida tecnica. E considerando che le possibilità di spendere per la Vecchia Signora sembrano parecchio limitate, la scelta è diventata ovvia. Con queste premesse, poi, per la Juve non avrebbe avuto nessun senso affidarsi ad un’altra visione di lungo periodo, tipica di tecnici à la Pochettino (o à la Sarri). La scelta doveva ricadere nuovamente su un gestore delle risorse com’era stato Allegri, ma possibilmente senza quella mentalità conservatrice e molto spesso difensivista da cui quasi tutte le squadre vincenti di questo secolo si tengono ben lontane. Seguendo questa logica, Pirlo dev’essere stato individuato da Agnelli – a cui la maggior parte delle fonti attribuiscono questa decisione – come una persona con sufficiente carisma per essere seguito dai calciatori con convinzione, senza fare appello a una particolare idea di calcio.
Sarebbe stato assurdo, d’altronde, affidarsi alla visione prettamente tecnico-tattica di un allenatore di cui nessuno sa realmente nulla. Piuttosto, Pirlo è stato scelto perché possa imporsi nello spogliatoio e riportare quell’unità d’intenti che Sarri non ha mai davvero ottenuto da tutti i suoi effettivi. Perché indichi la via di quel successo che lui stesso, nelle vesti di calciatore, ha raggiunto tante volte. D’altra parte, è impossibile negare che rimanga il punto interrogativo legato alla totale assenza di esperienza di Pirlo nei panni di allenatore. Certo tra Milan e Juve “il maestro” era stato un leader, ma c’è una gran bella differenza tra far parte di uno spogliatoio e doverlo gestire. In compenso, Pirlo potrà di sicuro contare sull’appoggio dei senatori della Juventus più di chiunque altro. Questo aspetto psicologico sarà probabilmente un’altra chiave fondamentale di tutta la gestione Pirlo, ancora di più in un periodo in cui il tempo per impostare la stagione sarà pochissimo. Non è un caso che alcuni dei giocatori col più grande spessore internazionale di questa rosa siano ora in uscita: da Matuidi a Higuaín passando per Douglas Costa e Khedira, campioni o ex campioni che sarebbero potuti certo tornare utili nel percorso, ma forse senza le motivazioni giuste per mettersi in discussione in un progetto guidato da un allenatore così inesperto.
Affidare la Juve a Pirlo è la scommessa definitiva di Agnelli. La scelta di un uomo, prima che di uno sportivo, che si era perfettamente calato nella mentalità juventina, per ritrovare lo spirito che aveva contraddistinto gli anni con Allegri in panchina, ma ripartendo dalle tracce positive che ha lasciato Sarri. Ripartendo, insomma, da Cuadrado, de Ligt, Bentancur, Dybala, CR7. Ma soprattutto dall’ambizione che questa Juve possa dominare, vincere e convincere, per sfruttare fino in fondo il grosso investimento fatto su Cristiano Ronaldo che, ad oggi, non ha condotto ai risultati sperati. Pronosticare un possibile esito di questa scelta, ad oggi, è impossibile: certo è che dalle parti della Continassa c’è grande fiducia attorno ad Andrea Pirlo. Mica male come premessa.