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“Il razzismo non è solo un problema morale, ma un problema di ordine pubblico. Oggi non ci incontriamo per prendere un caffè, ma per valutare tutte le possibili opzioni per rendere più efficace e tempestiva la nostra azione, che è un’azione corale. Sono convinto che ne usciremo con qualche proposta in più, al di là delle polemiche che non servono a niente”. A dirlo è Andrea Abodi, ministro per lo Sport e i Giovani, a margine della presentazione del progetto “Calcio libero” al Ministero della giustizia. Oggi pomeriggio al Viminale ha avuto luogo un incontro con il ministro dell’interno Piantedosi, col presidente della Figc, Gravina e quello della Lega serie A, Casini, per parlare del problema razzismo negli stadi, a pochi giorni dal caso degli insulti a Maignan ad Udine. “Dobbiamo dedicare tutte le nostre energie per contrastare e debellare questa piaga, e fare in modo che chi non comprende le regole con le quali si sta al gioco, esca dallo stadio”, prosegue Abodi. “Sabato è successo un fatto molto grave, purtroppo non è l’unico, ne sono successi tanti altri – dice soffermandosi sull’episodio del ‘Friuli’ -. La scelta di Mike Maignan di uscire dal campo ha reso tutto più clamoroso, ma non deve essere una reazione di quel tipo ad aumentare il livello della nostra attenzione sul tema del contrasto al razzismo e di tutte le forme di discriminazione”.
Abodi ricorda che “la partita non si chiude mandando i razzisti fuori dallo stadio”, visto che “c’è un investimento che dobbiamo continuare a fare, a partire dalla scuola, e che produrrà effetti negli anni. Lo stadio amplifica tutto quello che si dice, ma nella penombra delle nostre città succedono tante cose che non rientrano nella cronaca. Mi auguro che quello che la cronaca sportiva offre, anche di negativo, serva a illuminare le zone della società meno illuminate”. Sul tema, Abodi si è dichiarato “per la responsabilizzazione collettiva, ma per la responsabilità individuale. In questo senso, la tecnologia può essere di aiuto per individuare e sanzionare colpevoli”. “Io non credo nella cultura del 3-0 a tavolino, a meno che la società e lo stadio non dimostrino di essere complici. Da questo punto di vista sono d’accordo con Maignan, perché se siamo silenti diventiamo complici”. Abodi è convinto che le società calcistiche abbiano uno strumento “significativo”, che non è stato “né promosso adeguatamente né utilizzato sistematicamente”, ossia “togliere il gradimento della presenza di un tifoso allo stadio”. “L’Udinese l’ha fatto, la Juventus l’ha fatto. Al di là del Daspo, il non gradimento consente alla società di non vendere il biglietto alla persona. Questo sforzo collettivo troverà, sono convinto, anche nella riunione di oggi al Viminale una consacrazione in alcune decisioni che riguarderanno la giustizia ordinaria e la giustizia sportiva, o comunque il rapporto tra società e tifosi”, conclude Abodi.
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