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Avere una bicicletta e preferire andare a piedi. Si può riassumere così l’atteggiamento degli arbitri di Serie A al secondo anno di Var di fronte ad episodi dubbi. Ormai abbandonata l’utopia della cancellazione di polemiche arbitrali post partita, il calcio italiano deve fronteggiare invece una nuova ondata di proteste che ha coinvolto almeno una decina di società da inizio stagione. Il perché è chiaro: se un errore arbitrale scatena polemiche, un errore arbitrale in regime di tecnologia in campo scatena polemiche al quadrato.
NUOVO PROTOCOLLO – Occhi puntati sul protocollo imposto dall’Ifab. E soprattutto sull’uso restrittivo che si fa del Var limitato agli ormai famosi ‘chiari ed evidenti errori’. Bentornata quindi alla discrezionalità laddove la discrezionalità sembrava ormai confinata ad episodi marginali nei novanta minuti. “A cosa serve il Var”, ha tuonato Francesco Totti nel post partita di Roma-Inter prima della polemica di Cairo (“Bisogna usare di più il Var in campo”) e delle proteste di Preziosi (“Malafede? Il pensiero mi viene”). L’importanza storica di questo girone di andata di campionato è evidente: si trova infatti a cavallo tra l’introduzione del Var ai Mondiali di Russia e quella imminente agli ottavi di finale di Champions League. L’Europa si appresta a dire addio agli errori che hanno contraddistinto (e condannato le italiane) la precedenze edizione. Ma il biglietto da visita non è dei migliori.
GLI EPISODI – L’orientamento dei direttori di gara in questa prima parte di stagione sembra chiaro. L’immagine al rallentatore non può chiarire la vera entità di una spinta: per i contatti nella parte alta del corpo si sembra preferire la valutazione dal vivo, in particolar modo se l’arbitro in questione non ha commesso errori di posizionamento per valutare l’episodio. E il conto a questa particolare consuetudine è stato presentato nel corso della sedicesima giornata di Serie A con due episodi: la spinta su Belotti nel derby di Torino e quella di Florenzi ai danni di Pandev in area nel finale di Roma-Genoa. E se il contatto tra Matuidi e l’attaccante granata sembra lieve (e comunque mai da chiaro errore), quella di Florenzi è un vero e proprio contrasto con due mani alle spalle di un giocatore in elevazione. Necessaria una correzione su questo fronte: serve più chiarezza. Discorso diverso per i contatti a terra tra le gambe dei calciatori dove il video è necessario per correggere decisioni spesso impossibili da valutare a causa di circostanze confuse in area di rigore: eppure c’è sempre l’ostacolo del ‘chiaro errore’ che costringe a tornare al solito discorso. E allora sembra farsi strada l’ipotesi di una vera e propria rivoluzione che potrebbe ovviare a questo problema: addio alla dicitura del ‘clear error’, spazio ad un elenco di casi concreti nei quali è richiesto l’intervento del Var. E poi c’è la questione del ‘Var a chiamata’ che ha aperto a diverse scuole di pensiero. Ma l’idea della richiesta da parte degli allenatori aprirebbe ad un altro problema, già paventato in passato: lo ‘spezzettamento’ del gioco a livelli estremi. Insomma, il Var a chiamata può aspettare.