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“Innanzitutto c’è una grande differenza rispetto al passato: in questo caso, finora, i due ragazzi coinvolti non hanno alterato i risultati delle gare. Non parliamo di gare truccate, ma di una situazione che li ha condotti a fare giocate anche all’interno del nostro mondo”. Umberto Calcagno, presidente Aic e ospite di “Radio Anch’io Sport” su RadioUno, inizia con queste parole la sua riflessione inerente alla vicenda scommesse che ha sconvolto il calcio italiano.
“Ci sono norme sportive molto severe che ci siamo dati in federazione e che hanno le conseguenze che conosciamo – prosegue il numero uno dell’Associazione Calciatori -. L’imputarsi di aver fatto poco è qualcosa che ritengo non corretto: negli ultimi dieci anni, insieme alla federazione e alle leghe, con tutti i percorsi di formazione che facciamo durante la carriera ai calciatori, abbiamo parlato quasi sempre di queste situazioni. Probabilmente non basta informare, dobbiamo chiederci tutti quanti insieme cosa possiamo fare di più. Bisogna stare vicino a questi ragazzi. A me piace molto l’impostazione della sanzione, il fatto che possa esserci una rieducazione e anche che la durata della sanzione sia ricollegata a dei percorsi che possono servire ai giocatori, al sistema e anche al di fuori del sistema con il loro impegno”.
Calcagno ha poi discusso anche degli attacchi della politica verso il presidente della Federcalcio Gravina: “Ritengo questi attacchi ingiusti, credo che la politica debba darci messaggi differenti. Sono molto preoccupato di queste ingerenze, perché sapete quanto è importante l’autonomia dello sport. Mi auguro che la politica faccia la sua parte, ci può dare una mano su altri temi come il Decreto crescita più che con dichiarazioni con questo tipo”. Il no allo stop del Decreto Crescita, infatti, “comporterà l’aumento degli stranieri e il sempre più risicato spazio per i vivai, un trend che ha portato al minutaggio degli stranieri superiore al 70%. Credo sia una grande ingiustizia: nel mondo dello sport ci sono calciatori che pagano metà dell’Irpef rispetto agli italiani ma anche agli stranieri che erano già in Italia prima del decreto, è sportivamente ingiusto”
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