Si chiude con un grosso sospiro di sollievo l’insidioso mese di settembre della Nazionale azzurra. Due anni fa i due pareggi con Bulgaria e Svizzera furono il preludio della seconda dolorosa mancata qualificazione ai Mondiali. Dopo la beffa di Skopje e i fantasmi rievocati dalla Macedonia del Nord, a San Siro il nuovo corso targato Spalletti era già a un pericoloso bivio. Uno scontro diretto, quasi da dentro o fuori, contro l’Ucraina, alla seconda panchina e sul prestigioso palcoscenico del ‘Meazza’. Un test superato, pur con qualche brivido (più per il risultato rimasto in bilico sino all’ultimo che per la mole di gioco e di occasioni create), che permette agli azzurri di respirare e guardare con ritrovata fiducia al doppio impegno di ottobre con Malta e Inghilterra.
‘Gruppo compatto’ e ‘scelte feroci da difendere’ erano state le parole di Spalletti nella conferenza stampa della vigilia e così è stato. Gli azzurri iniziano ad assimilare le idee del suo ct che, dal canto suo, ridisegna il suo undici titolare partendo da una certezza: il criticatissimo Donnarumma è tra i pali, e con tanto di fascia da capitano, vista la panchina – altra scelta ‘pesante’ – di Immobile a favore di Raspadori in veste di falso nove. Anche qui, ad aver ragione è il mister: San Siro prende di mira il suo estremo difensore, ex Milan, sin dal riscaldamento, lo fischia alla lettura delle formazioni e ad ogni tocco di palla con i piedi. Donnarumma è anche sfortunato, perché al 37′ si supera con un gran riflesso su Dovbyk ma Dimarco rovina tutto ‘servendo’ di fatto Yarmolenko per un comodo tap-in. Ma l’Italia il suo l’aveva già fatto: partenza sprint, pressing alto e belle trame offensive nella prima mezz’ora che vede andare per due volte a segno Frattesi. La prima al 12′ dopo uno scivolone di Sudakov, la seconda al 29′ con l’ausilio del Var dopo un fuorigioco sventolato dal guardalinee. La dinamicità e gli inserimenti del centrocampista nerazzurro (protagonista in quattro degli ultimi cinque gol azzurri con tre reti e un assist) sono l’arma vincente di un attacco che propone anche con Raspadori, cui manca però sempre qualcosa negli ultimi metri. Al posto giusto e al momento giusto in un paio di occasioni nel primo tempo, fermato da uno strepitoso Bushchan nel secondo. Il 2-1 non si schioda, la traversa dice di ‘no’ a Locatelli e nel finale c’è spazio per un paio di sussulti ucraini. All’83’, come in un sinistro deja-vu di qualche giorno fa, una punizione dal vertice dell’aria di rigore tiene in sospeso i quasi 60 mila di San Siro, ma Mudryk calcia alto. Qualche minuto più tardi, invece, Konoplia sovrasta Gnonto ma non centra lo specchio della porta. Il triplice fischio di Alejandro Hernandez è quindi accolto come una vera e propria liberazione.
Per Spalletti un primo tassello importante dopo la falsa partenza di Skopje, per preparare con maggior serenità la tornata di ottobre, dove conta di ritrovare i suoi con più minuti e con gambe meno pesanti dopo la preparazione estiva. Un primo passo di riconciliazione verso quella ‘voglia di azzurro’ da ritrovare, con idee e gioco a prescindere dagli interpreti che scendono in campo a rappresentare il tricolore. Prossime tappe a Bari (il 14 ottobre contro Malta) e a Wembley (il 17) per sfidare ancora una volta l’Inghilterra: e chissà che la rivincita della finale degli Europei possa garantire una sostanziosa fetta di qualificazione alla prossima rassegna continentale.