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Il coronavirus stringe l’Europa in una morsa sempre più drammatica ma il calcio prova ad andare avanti. E non è certo qualcosa di negativo: un segno di normalità , la volontà di rispettare gli impegni contrattuali, il tentativo di non far saltare il banco dal punto di vista economico. E non è infatti questo che va criticato: i vari campionati è giusto si continuino a giocare e con questi le competizioni internazionali per club, sarebbe davvero complicato immaginare il contrario.
Ciò che però sfugge all’umana comprensione, con Francia, Belgio, Spagna, Polonia, la stessa Italia, in grandissima difficoltà dal punto di vista del contagio, è l’insistenza con cui l’Uefa continua a far disputare i match delle Nazionali. Partite al momento praticamente inutili, visto che si scende in campo per amichevoli o partite di Nations League, una competizione di cui francamente non si sentiva la mancanza.
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Vale davvero la pena di esporre così tanto giocatori e staff al rischio contagio? Un rimescolamento di due settimane, ecco cosa ci aspetta durante la nuova pausa per le Nazionali: già a ottobre i viaggi dei giocatori verso i rispettivi paesi e il conseguente ritorno alla base aveva provocato un innalzamento dei contagi e a novembre il rischio è che questo discorso possa ripetersi, solo amplificato. L’Uefa non sembra voler fare un passo indietro, ma questo non è calcio: limitiamoci all’indispensabile, dovrebbe essere il motto di ciascuno di noi in questa fase: evidentemente non per Ceferin e soci.
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