Intervistato a Radio Punto Nuovo per raccontare il proprio percorso che lo ha portato a sedere sulla panchina della nazionale ungherese, Marco Rossi parte dalle origini: “Ho giocato in Serie A in Italia ed all’estero, ho guadagnato cifre ragionevoli ma avrei dovuto lavorare per mantenere la mia famiglia”. Da qui la scelta di intraprendere la carriera di allenatore, lontano dai confini italiani: “Nel 2012 ho cominciato ad allenare in Ungheria e mi sono trovato ad un bivio: o continuare a sognare di fare l’allenatore, oppure cercarmi un lavoro diverso”. Troppo difficile allenare in Italia, dove a premiare sono le conoscenze: “Nella mia esperienza posso dire che l’Italia non è un paese meritocratico in panchina, è importante conoscere qualcuno che sappia darti un’opportunità”. Fiero del proprio percorso, Rossi sottolinea i propri meriti nella gestione della nazionale ungherese: “Da quando sono alla guida dell’Ungheria abbiamo messo a segno una doppia promozione. Dalla C alla A in due anni. Stiamo già studiando gli avversari e c’è poco da stare allegri. Troviamo già le più forti”.
Parole al miele per Szoboszlai, uno dei giovani talenti più seguiti in Europa, Rossi dice: “Possiede una capacità balistica come pochissimi, faccio fatica a vedere qualcuno che calcia come lui nei campionati top. Tutti quelli che hanno questo talento innato, lo fanno in modo molto particolare, ha un dono. Vede molto bene lo sviluppo del gioco, corre molto, deve migliorare nelle transizioni difensive e nel complesso, nella fase difensiva. Potesse venire in Italia si completerebbe in tempi brevi. Szoboszlai fu molto vicino al Milan con Ragnick, ma anche il Napoli si è interessato”. Parole di elogio per CT dell’Italia, Roberto Mancini: “L’Italia di Mancini mi piace molto, ha convocato giovani di talento”.