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Paolo Maldini si è raccontato ai microfoni di Milannews.it. Il dt dei rossoneri ha parlato anche del rinnovo di Rafael Leao, oltre a parlare della sua storia personale e di quante aspettative ci fossero su di lui sin da giovane.
Sulla sua idea di Milan: “È partita con mio papà, che è stato un grande calciatore e rende la mia storia ancora più particolare. Mio papà è stato il primo calciatore del Milan a vincere la Champions nel ’63 con una squadra italiana. Sono molto legato al Milan e Milano e all’ambiente rossonero. I miei genitori mi hanno dato tutto quello che ho nel mio bagaglio, educazione in primis. Mio papà mi ha instradato verso un’idea di professionismo anni ’60, io sono nato nel ’68 e sono di un’altra epoca. Ho dovuto cercare la sua idea ai tempi moderni. Ho iniziato a 16 anni da professionista ma volevo vivere la mia vita. Credo sia stato un passo importante di emancipazione staccandomi da queste idee, poi l’ho fatto abituare a una nuova idea di professionismo. Mio padre giocava la domenica alle tre, lunedì libero e poi ritiro fino alla partita dopo, ed era troppo. Avevo un obiettivo e una passione, ma a quell’età pensi a divertirti. Avere tutte quelle aspettativa mi ha tolto la parte un po’ più divertente. Ci sono due modi per affrontare ciò: prendere troppo peso e avere aspettative che non riesci a mantenere, oppure lottare e far vedere quanto vali. È presto a quell’età perché c’è sempre divertimento nel calcio. L’idea del papà che ha un bambino che gioca a calcio e dice “mio figlio è un campione” mette tanta aspettativa e a volte sono anche false. Di quelli che iniziano nelle giovanili del Milan, solo l’1% riesce ad arrivare in alto“.
Sulla finale di Istanbul del 2005: “Ho fatto gol io in finale dopo 40 secondi e lì avevo capito che c’era qualcosa di strano (ride, ndr). È una partita che abbiamo dominato per 110 minuti, loro hanno giocato bene 10 minuti e siamo riusciti a perdere. Ci sono state tante speculazioni su quello che è successo all’intervallo, siamo entrati nello spogliatoio urlando tutti perché eravamo nervosissimi, è intervenuto Ancelotti urlando per farci stare zitti. Hanno detto che avevamo festeggiato, io da capitano non lo avrei mai permesso e anche i miei compagni non lo avrebbero mai fatto. Sono cose lontane dalla realtà, è quasi stupido commentarle. Il calcio è bello anche per questo. Il Liverpool aveva fatto un cambio difensivo per non prendere altri gol e invece ne fanno tre in sei minuti. Il bello del calcio è anche che due anni dopo abbiamo avuto la possibilità ad Atene di affrontare nuovamente il Liverpool e di vincere“.
Su Leao: “Ha già fatto un disco. Una volta mi ha chiesto se poteva farlo uscire il venerdì e il sabato poi giocavamo. Io gli faccio: ‘Cosa?!’. Lui poi mi ha spiegato che nel mondo della musica i dischi escono il venerdì. E gli ho detto: ‘Allora domani devi fare due gol’. Leao è un talento pazzesco. Io sono un esteta grazie a mio papà e Leao è bello da vedere, è qualcosa di unico. Ha le carte in regola per diventare un top. Lui era in panchina al Lille e quando è arrivato gli ho detto che giocava per il suo Instagram perchè metteva video bellissimi con dei dribbling e giocate, ma poi finiva la stagione con due gol segnati. Lo abbiamo aiutato a cambiare questa mentalità. Uno così talentuoso deve lavorare anche più degli altri per sfruttare il suo talento“.
Sul battibecco con Spalletti: “Non c’è bisogno di chiarirsi. La cosa bella della maturità è anche questa. È venuta fuori una frase che non ho detto (“Hai già vinto lo scudetto, non rompere i c…”, ndr). Io non volevo fare casino ed essere rumoroso, in quel momento i protagonisti erano altri e non noi“.
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