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Zlatan Ibrahimovic ha parlato all’interno della sua conferenza stampa di presentazione col Milan. Tanta la voglia di risentire parlare lo svedese al suo ritorno in Italia. Tanta è stata anche l’attesa per il suo arrivo, al termine di una telenovelas che sta andando avanti almeno da due mesi e che si chiude definitivamente con le prime parole di Ibra dinanzi ai giornalisti presenti a Casa Milan: “Leader e condottiero di questa tifoseria? Ho un bel rapporto con i tifosi, l’ultima volta qui era molto positivo. L’importante è avere i tifosi dietro la squadra, il 50% è rappresentato dai tifosi. Se facciamo bene e abbiamo supporto è più semplice, sono pronto e spero di giocare pure oggi, c’è la partita”. Di seguito le altre dichiarazioni rilasciate dal nuovo numero 21 dei rossoneri:
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RIVIVI LA CONFERENZA STAMPA (VIDEO)
SULLA SCELTA – “Dopo l’ultima partita in America, con i Los Angeles, ho avuto la chiamata di Paolo. Mi ha chiesto quali idee avessi e come stessi. A 38 anni ho avuto più richieste di quando ne ho avuti 28. Ero onesto, cercavo l’adrenalina, per farmela uscire. Perché a quest’età non giochi per economia, cerchi qualcosa per andare al meglio. Poi ho parlato con Boban. È passato un mese, dopo Atalanta c’erano tante chiamate. L’ultima volta ho lasciato il Milan senza il mio ok, la situazione era quella che era. Ho fatto PSG, United, Galaxy. L’importante è essere qui adesso, il Milan è casa mia, quando sono tornato da Barcellona ho sempre detto che mi aveva ridato la felicità di giocare a calcio. La mia voglia è massima, lo rispetto tanto come club, gli voglio bene”.
SULLA SFIDA – “Vediamo una partita per volta, ho visto la squadra da lontano, ma ha qualità per fare qualcosa di più. I risultati non erano wow, soprattutto l’ultima partita. L’obiettivo non è uno sprint da 100 metri, bensì una maratona. Bisogna lavorare molto e credere. Ho fatto sempre le cose al mio massimo, ma qui è differente. Le cose devono migliorare in campo ed è per quello che sono qui”.
SU COSA NON FUNZIONA NEL MILAN – “Difficile rispondere, perché da dentro non sai come sono le cose. Da fuori puoi avere una opinione, quello che ho visto sono i risultati, le partite. La squadra ha cambiato molto in poco tempo. Non ho tutte le risposte per quello che è successo. Poi da fuori Milan è sempre Milan, anche in America se parli dei rossoneri, sono sempre i rossoneri”.
SU PIATEK – “Qui la pressione è altissima, dal club, dai compagni, dai tifosi. Tutto il mondo si aspetta di portare risultati. Si può fare di più e si deve, se giochi qui non sei stato fortunato. Sei venuto qui per i risultati e per fare il tuo lavoro”.
SULL’OBIETTIVO – “Il mio obiettivo? C’è individuale e collettivo: il primo è divertirmi in campo, stare bene, aiutare i compagni. Quello collettivo è migliorare la situazione. Ogni secondo che sto in campo voglio sentire l’erba, quando sono stato fuori un anno e qualcosa non è stato facile. Quando senti l’erba, vedi l’atmosfera, 85 mila ti fischiano o ti applaudono: preferisco i fischi, così mi esce adrenalina, ma alla fine possono applaudire”.
SUL FINIRE LA CARRIERA AL MILAN – “Non si sa mai, quando hai un buon rapporto con tutti c’è sempre la possibilità. Finché sono attivo cerco le sfide, per dare risultati ovunque. Non mi piace essere una figurina. Se dopo sei mesi faccio cose buone, ok, si continua. Altrimenti non mi interessa. Non sono qui perché sono Ibrahimovic, incomincio da zero e devo dare risultati. Il passato non mi aiuta, quello che mi dà più adrenalina è lavorare, dare la sfida, devo dimostrare. Per me stesso, non per voi, voi fate il vostro lavoro. Come persona io funziono così”.
SUL DERBY – “Ho vinto qui, ho vinto là. Il derby è speciale, ne ho giocati tanti, in molti paesi. Dico sempre che il migliore è Inter-Milan, Milan-Inter. Oggi c’è un’amichevole, lunedì c’è la Sampdoria. Poi pensare più avanti… Non ho firmato cinque anni, penso oggi e domani”.
SULLA COPPA ITALIA – “Quando si inizia un campionato l’obiettivo è quello di vincere qualcosa. Sono arrivato alla metà, ho mentalità vincente, speriamo di farlo. L’obiettivo vero è migliorare la situazione, crescere, alzare il livello mentale e in campo. Poi quando stai bene gli obiettivi si alzano. Qui in cinque o sei mesi proverò a dare una mano”.
SUI 170 ASSIST IN CARRIERA – “Quelli sono parte del mio gioco, se non faccio gol provo a fare assist per aiutare. È sempre il collettivo, non faccio le cose da solo, altrimenti non giocavo a calcio bensì uno sport individuale. Proviamo ad aiutare per cambiare questi numeri. Bisogna crederci, quando lo fai le cose arrivano, in un modo o nell’altro. Però ci proviamo”.
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