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Duro comunicato della Lega Pro di Francesco Ghirelli in merito all’annosa questione della defiscalizzazione, un tavolo aperto col governo che non ha portato ad alcuna soluzione nonostante la scelta forte da parte della governance della Serie C di fermare il campionato nell’ultimo turno di dicembre. Adesso si torna regolarmente in campo per i match del weekend dell’11-13 gennaio, ma resta lo stato di agitazione: “Le gare in programma dall’11 al 13 gennaio p.v. si giocheranno regolarmente perché questo è il nostro primario scopo e perché i tifosi hanno il diritto di emozionarsi allo stadio. Rimane fermo lo stato di agitazione che valuteremo con quali forme attuare nel prossimo futuro. Con l’azione del 22 dicembre u.s. abbiamo voluto prendere una decisa posizione e lo abbiamo potuto fare perché, in questi mesi, abbiamo acquisito credibilità per le regole introdotte ed applicate e gli atti di risanamento (vedi regolamento giovani) posti in essere. Non abbiamo nulla da nascondere, le nostre richieste e proposte non hanno avuto il riscontro che auspicavamo. Ora tutti sanno, se c’era bisogno dimostrarlo, che non scherziamo perché siamo seri (quello che diciamo facciamo), abbiamo sollevato il tema principe per i club di Serie C, senza infingimenti o ipocrisie: il 2020 ci deve dire se siamo sostenibili con l’attuale configurazione”.
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Questa la richiesta della Lega Pro al governo, dopo il naufragio delle trattative nelle ultime settimane: “Chiediamo al governo che ci sostenga attraverso provvedimenti che vanno dalla restituzione del credito di imposta a nuove forme di contribuzione al calcio (1% dell’ammontare degli introiti delle scommesse etc.), dalla revisione della legge Melandri ad una modifica relativa all’imposizione IRAP sui contratti dei tesserati. Noi siamo il calcio sociale e quello della formazione dei giovani calciatori, i presidenti mediamente effettuano annualmente interventi da due a quattro milioni di euro, chiediamo risorse finanziare per utilizzarle per la costruzione di centri sportivi e per la formazione di giovani calciatori. Il quesito aperto è tremendamente semplice: o si trovano risorse per questa esperienza originale del calcio italiano o bisogna ridurre il numero dei club contribuendo a peggiorare la qualità sociale dell’Italia, non solo del calcio”.
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