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Una delle giornate più inverosimili della storia dello sport. Sono passati esattamente vent’anni dal 14 maggio 2000, una domenica impressa indelebilmente nella storia della Lazio. Nella stagione del centenario della sua fondazione, la società biancoceleste trionfava in Serie A conquistando il suo secondo scudetto. Una squadra da sogno che vantava tra le sue fila stelle come Nesta, Veron, Nedved, Simeone, Mancini e Salas, guidati da Sven-Goran Eriksson, lo svedese più romano del mondo.
Su SBS Radio, Dario Castaldo, giornalista romano volato in Australia, ha ripercorso attraverso uno splendido podcast le tappe principali che portarono a quella domenica di straordinaria follia, con le meravigliose testimonianze di due voci di immenso spessore.
Riccardo Cucchi raccontò su Radio Uno dallo Stadio Renato Curi il celeberrimo Perugia-Juventus diretto da Pierluigi Collina sotto il diluvio universale, mentre a Bruno Gentili, dall’Olimpico di Roma, toccava un più “lineare” Lazio-Reggina.
“Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000, la Lazio è campione d’Italia 1999/2000. La Juventus è stata battuta a Perugia per 1-0 dalla squadra di Carletto Mazzone, linea all’Olimpico”. Sono parole diventate leggenda. Ma quali sensazioni ricorda Cucchi di quegli istanti?
“Certamente il mio tumulto interiore lo ricordo molto bene, ma ho cercato di controllarlo. In quel momento ero consapevole di essere la voce di molte persone, molte persone che non vedevano ciò che stesse accadendo allo stadio di Perugia. Devo confessare che nel momento in cui il collegamento si è chiuso e il mio tecnico ha abbassato il potenziometro del microfono, ho lasciato sfogare la mia gioia nel silenzio della mia cabina, senza che nessuno potesse vedermi, e mi è sceso un lacrimone. Il calcio ci rende bambini per tutta la vita, anche quando diventiamo adulti”.
Ad 8 giornate dalla fine di quel campionato, la Juventus di Carlo Ancelotti guidava la classifica con ben 9 punti di vantaggio sulla Lazio. Nessuno si aspettava il suicidio sportivo della Vecchia Signora, nemmeno Gentili: “Fu uno scudetto che piovve dal cielo. Una serie di scivoloni quasi incredibili della Juve lo resero possibile. I bianconeri arrivarono allo scontro decisivo (0-1 al Delle Alpi firmato Simeone, ndr) un po’ stanchi, con le idee appannate: i giocatori sentivano troppo lo scudetto in tasca e peccarono di presunzione”.
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Eppure alla penultima giornata i bianconeri vinsero. Tra le polemiche ma vinsero. La Juventus batté 1-0 il Parma, anche grazie ad un gol annullato allo scadere a Fabio Cannavaro, allora gialloblu. Una rete che scatenò numerose proteste, innanzitutto dello stesso Cannavaro nel post partita: “Ci è stato annullato un gol regolare. È inutile protestare, ma a noi purtroppo oggi manca qualcosa. Alcuni episodi non ci hanno convinto”.
Vere e proprie sommosse: in settimana il popolo biancoceleste si fece sentire con vigore, frustrato e deluso per un duello, quello contro i bianconeri, che oramai sembrava perso. “Ricordo le grandi tensioni – narra Gentili -, le proteste dei tifosi laziali. Ricordo la dura presa di posizione del presidente Cragnotti che pretendeva regolarità per il campionato e per l’ultima giornata in particolare”.
Si arrivò così alla domenica conclusiva: 2 punti separavano la Juventus, prima a 71, dalla Lazio, seconda a 69. La squadra di Ancelotti andava in trasferta a Perugia (già salvo), la Lazio ospitava la Reggina (già salva). E le preoccupazioni dei tifosi biancocelesti erano legate anche al fatto che Carlo Mazzone, allenatore della squadra umbra, fosse un noto romanista.
“Il giorno prima della partita andai al ritiro del Perugia – racconta Cucchi – e chiesi a Mazzone quanto si sarebbe impegnato il Perugia in campo contro la Juventus, sapendo già evidentemente di aver conquistato la salvezza. Ricordo lo sguardo fulminante, che la radio non poté ovviamente trasmettere, di Mazzone nei miei confronti, quasi offeso dalla mia domanda e dal sospetto che qualcuno potesse insinuare che il suo Perugia non avrebbe giocato la gara. Mi rispose in maniera molto secca, mi disse ‘Il Perugia scenderà in campo per giocare la partita, non pensate nemmeno lontanamente che noi si andrà lì a fare una passeggiata: noi giocheremo la partita’. Ed è esattamente ciò che è successo”.
I ricordi nella mente di Gentili sono ancora nitidi: “Fu davvero una giornata fantascientifica, dopo una vigilia molto tesa. Il pronostico era in gran parte in favore dei bianconeri di Ancelotti e Del Piero, invece accadde l’imponderabile. Io non me lo sarei mai aspettato, ero abbastanza impreparato”.
Le due sfide cominciano alle 15, e mentre la Lazio passeggia andando a segno due volte su rigore, prima con Inzaghi e poi con Veron, la Juventus non riesce far gol. Alla fine dei primi tempi, i punteggi dicono Lazio-Reggina 2-0 e Perugia-Juventus 0-0.
Cucchi, come detto, era in diretta dal Curi: “Ero testimone di questa giornata straordinariamente calda, un sole veramente estivo che non faceva in nessun modo presagire un cambiamento repentino di tempo. Ma a sorpresa di tutti noi sullo stadio arrivò un nuvolone denso di pioggia che scaricò un diluvio biblico. Collina mise alla prova tutti: ricordo i miei interventi in Tutto il Calcio Minuto per Minuto in cui dicevo sostanzialmente ‘Il campo di Perugia è letteralmente allagato, è una piscina, riteniamo sia davvero molto difficile che si possa proseguire la gara’. E passavano i minuti. Collina ogni tanto si affacciava sul campo di gioco, controllava la resistenza all’acqua, gli inservienti erano al lavoro per cercare di far defluire l’acqua dal campo anche bucando quest’ultimo affinché l’acqua potesse scendere”.
Il match riprenderà dopo 75 minuti: “Il manto di Perugia è sempre stato tra i migliori della Serie A, ha retto sempre molto bene, ma perché Collina ha aspettato un’ora e 15 minuti? Noi pensavamo che stesse forzando il regolamento: i colleghi dei giornali venivano in cabina da me per chiedermi cosa dicesse il regolamento, perché sapevano che io lo portassi sempre con me per poterlo sfogliare in caso di dubbi. In realtà non c’era un tempo limite, il regolamento consentiva all’arbitro di valutare la possibilità che la gara potesse riprendere, senza nessun riferimento temporale. Allora perché Collina aspettò un’ora e un quarto facendo arrabbiare la Juventus, in particolare Luciano Moggi, letteralmente furioso alla fine della partita? Perché evidentemente c’era un rischio. Nel caso in cui la partita fosse stata interrotta e rinviata al giorno dopo, chi avrebbe potuto impedire l’arrivo da Roma di migliaia di tifosi della Lazio, dopo il successo contro la Reggina? Ci sarebbero state conseguenze di ordine pubblico derivanti da questo afflusso massiccio di tifosi che, anche non entrando allo stadio, avrebbero sicuramente potuto creare problemi. Quindi io credo che Collina forzò fino a un’ora e un quarto, con la consapevolezza che il campo potesse tornare agibile, anche in virtù di queste valutazioni, confrontandosi con i vertici del calcio. Il tutto tenendo presenti anche le forti tensioni delle giornate precedenti all’ultima domenica di campionato”.
“Conosco personalmente Collina – prosegue Cucchi – ed ho imparato negli anni ad apprezzare la sua assoluta indipendenza, la sua assoluta obiettività. Ritengo che sia uno dei più grandi arbitri che abbiano mai calcato i palcoscenici calcistici italiani ed internazionali. Penso che a Perugia abbia deciso prendendo coscienza della situazione molto delicata che si era creata, ma soprattutto nella consapevolezza che il campo potesse garantire lo svolgimento della partita. Non credo che Collina avrebbe mai accettato di far proseguire la gara se le condizioni del campo non lo avessero permesso. Al di là della questione ordine pubblico, su un campo impraticabile Collina non avrebbe fatto riprendere il gioco”.
Intanto a Roma, dopo un’attesa prolungata per provare a mantenere la contemporaneità tra i campi, le squadre sono tornate sul terreno di gioco e Simeone ha siglato il 3-0. “Ho cominciato a caricarmi quando Calori, ad inizio ripresa, ha portato in vantaggio il Perugia” ammette Gentili. Sì, perché al 50’, su un campo che definire pesante è un eufemismo, Alessandro Calori, di mestiere difensore, ha clamorosamente sbloccato la sfida del Curi in favore dei padroni di casa.
“La mia concentrazione è cambiata, mi sono detto ‘oddio, qui sta succedendo qualcosa di incredibile’. Forse ho sentito troppo quei momenti, li avvertivo dentro di me, ero molto emozionato. Pensavo ‘ma se accade qualcosa, io qui come lo racconto? Devo preparare qualcosa di particolare, di straordinario: questo secondo scudetto della Lazio sarebbe incredibile’. Con molta enfasi e con grandissima partecipazione ero incollato anch’io, come tutti i tifosi dell’Olimpico, alla radiocronaca di Riccardo (Cucchi, ndr), anche perché in fondo pensavo che la Juventus avrebbe raddrizzato in qualche modo la situazione. Invece i minuti passavano e la cosa incredibile era il silenzio assordante dello stadio, che ha contribuito a creare un pathos davvero straordinario”.
La Lazio, infatti, ha archiviato la pratica Reggina e i tifosi hanno invaso il prato dell’Olimpico. Sono tutti tesi, in ascolto degli altoparlanti che trasmettono il racconto live di Cucchi, di quel finale di gara da infarto: “Ho sempre pensato che nemmeno il più audace degli autori di noir avrebbe potuto immaginare un epilogo del campionato come quello del 14 maggio del 2000 – lo stesso Cucchi dichiara -. Vi racconto un aneddoto: ho un figlio tifoso della Lazio, che naturalmente aveva in tasca il biglietto per andare a vedere la partita contro la Reggina. Prima che io partissi per Perugia mi chiese ‘Ma perché non fai la Lazio?’, gli spiegai che le logiche della trasmissione sono ferree, non si segue certamente la passione dei singoli telecronisti. Il primo campo era Perugia-Juventus perché la Juve era in testa alla classifica, la mia destinazione era quella. ‘Ma se dovesse vincere la Lazio, tu cosa fai?’ mi chiese. ‘Se vince la Lazio, festeggeremo insieme la sera, ma io devo raccontare Perugia-Juventus’ gli risposi. Questo per dirvi che avevo un testimone oculare all’Olimpico, che mi raccontò la sera, quando tornai a casa, quello che era successo. Anche lui era tra gli invasori di campo, ed essendo stata diffusa dagli altoparlanti la radiocronaca del secondo tempo di Perugia-Juventus, anche lui ascoltò il mio racconto”.
Erano altri tempi: “La radio era l’unica fonte di informazione per i tifosi presenti allo stadio, e forse anche per alcuni calciatori e dirigenti. Io di ciò che stesse accadendo a Roma sapevo poco, ne percepivo solo l’agitazione. Tra l’altro se le due gare fossero coincise, se non ci fosse stato il nubifragio e le partite fossero andate in scena contemporaneamente, come da programma, con quei risultati non sarei stato io a dire ‘La Lazio è campione d’Italia’, ma sarebbe toccato naturalmente al collega Bruno Gentili che era sul campo della Lazio. E quindi il caso volle che il nubifragio consentisse a me, con un’ora e un quarto di ritardo, di chiudere da solo nell’etere, sulle onde di Radio Uno, e di poter gridare ‘Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000, la Lazio è campione d’Italia’”.
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Una giornata ancor più magica per un cuore biancoceleste come quello di Cucchi: “Vi è mai capitato di andare al mare, sdraiarsi in acqua e fare il morto a galla lasciandosi trasportare dalle onde? Lasciarsi andare. Io percorsi quel tratto di strada dallo stadio Curi di Perugia verso Roma come se galleggiassi sulle onde del mare, seguendo i miei pensieri e le mie emozioni. Sorridendo tra me e me per la grande avventura che avevo vissuto e per la gioia che quello scudetto mi aveva regalato, non come radiocronista ma come tifoso. Ma nessuno, tranne i miei amici più stretti e qualche collega, conosceva la mia fede. Per quarant’anni i tifosi che mi riconoscevano mi chiedevano ‘Per quale squadra tifa?’, io per quarant’anni ho risposto ‘Se c’è una squadra per la quale faccio il tifo, lo saprete quando avrò appeso il microfono al chiodo’. E quando ho dichiarato di essere tifoso della Lazio la cosa che più mi ha fatto piacere è la sorpresa che mi hanno manifestato i tifosi attraverso i social e qualunque altra forma, perché nessuno lo aveva mai pensato. Mi avevano attribuito simpatie juventine, interiste, milaniste, romaniste persino. Perché non bisogna dimenticare che nell’anno successivo, il 2001, fu la Roma a vincere lo scudetto e lo raccontai sempre io, con lo stesso entusiasmo, la stessa gioia e la stessa emozione con le quali avevo raccontato quello della Lazio”.
Perché i ricordi di quella domenica sono ancora più che vivi sulla sponda biancoceleste del Tevere: “Mi capita ancora oggi di essere fermato da qualche tifoso della Lazio che, senza dirmi buongiorno né buonasera, mi piazza il telefono in faccia e mi dice ‘A Cù, ridiccelo’ e io devo ripetere quella frase, ‘Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio del 2000, la Lazio è campione d’Italia’. A carriera conclusa, la Lazio mi ha omaggiato di una maglia bellissima, che conservo gelosamente: una maglia della Lazio sulla quale, dietro, non c’è un numero di gioco, c’è semplicemente 18:04”.
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