Nell’estate del 2013 Florentino Perez, presidente del Real Madrid, lo aveva fatto capire a tutti: dopo tre anni consecutivi di eliminazioni in semifinale era arrivato il momento di conquistare la ‘Decima’. Questa tanto agognata decima Champions League non ne voleva sapere di arrivare e ogni anno che passava diventava sempre più un’ossessione, un tabù. Se ne parlava sui campi, negli uffici, probabilmente anche negli spogliatoi e nelle abitazioni. Come se fosse una maledizione. 12 anni erano passati dall’ultima vittoria e anche dall’ultima finale disputata. Il 25 giugno del 2013 arrivò sulla panchina delle merengues il tecnico italiano Carlo Ancelotti, uno che la Champions l’aveva già vinta due volte, nel 2003 e nel 2007 con il Milan. Fu come un segnale, una boccata d’aria fresca. Soprattutto dopo l’esperienza con José Mourinho, terminata in malo modo. Il tecnico emiliano modificò moltissimo la squadra e fu il primo a capire che Cristiano Ronaldo andava lasciato libero di muoversi in attacco come meglio credeva e avvicinato al centro della porta senza dover essere costretto dentro schemi tattici. Affiancato da Karim Benzema che si trovava in posizione avanzata nel ruolo di numero 9 dinamico, ideale alle esigenze del portoghese. Con l’addio di Kakà e Ozil, il mercato si concentrò su Gareth Bale ed insieme a lui arrivarono anche Isco e Casemiro. Il Real approdò alla finale di Champions dopo aver eliminato lo Schalke 04 negli ottavi di finale, il Borussia Dortmund ai quarti e il Bayern Monaco dell’eterno rivale Guardiola in semifinale, battuto per 1-0 al Bernabeu e con uno storico 0-4 nella partita di ritorno a Monaco.
LA FINALE – 24 maggio 2014. Allo stadio Da Luz di Lisbona va in scena la finale di Champions League e si tratta di una prima volta storica nel calcio europeo, perché a giocarsi la Coppa sono due squadre della stessa città: Real Madrid e Atletico Madrid. Un derby cittadino che avrebbe fatto la storia in un modo o nell’altro. Una partita tesissima con Diego Costa che è costretto ad uscire dopo soli 9 minuti per un infortunio ed entrambe le formazioni chiuse a riccio per paura di commettere uno sbaglio che sarebbe stato fatale. Al 31’ Bale ha l’occasione di aprire le marcature, ma perde l’attimo e calcia male. Qualcuno avrà pensato: “Gol mangiato, gol subito”. Ed infatti è proprio quello che succede: la più semplice e crudele legge del calcio diventa realtà e dopo 5 minuti sugli sviluppi di un corner, Casillas esce male e Godin non lo perdona. Sembra quasi che la storia si ripeta, sembra una vera e propria maledizione. Serve qualcuno che riesca ad invertire il senso di marcia, ma i minuti passano e le speranze dei blancos sembrano sgretolarsi sempre di più. Il peso del passato, di quei dodici anni, del destino che sembra voltare le spalle si fa sempre più ingombrante. Fino al minuto 93’. Probabilmente è l’ultima azione della partita, l’Atletico di Simeone è ad un passo dall’aprire lo champagne. Calcio d’angolo per il Real, tutti in area per un ultimo disperato tentativo. Si dice che nei momenti di difficoltà è il capitano che, come leader, deve prendere per mano la squadra e Sergio Ramos riesce a darne l’esatta interpretazione. Svetta più in alto di tutti e fa la storia a 30 secondi dalla disfatta, perché quest’anno la ‘Decima’ neanche il destino gliela toglie. E’ 1-1, si va ai supplementari. Lo shock è palpabile negli occhi dei colchoneros, un pareggio del genere ti taglia le gambe e l’Atletico di forze sembra non averne più. Crollano i nervi e crolla anche tutta la squadra, mentre i ragazzi di Ancelotti rialzano la testa e con personalità e cattiveria si dirigono verso la ‘remuntada’. A dieci minuti dai rigori, Courtois non blocca un tiro di Di Maria dopo una straripante azione dell’argentino e sulla respinta arriva l’acquisto da cento milioni tanto criticato: di testa Bale condanna i cugini e firma il 2-1. Ma per i blancos sembra non bastare. Nella notte più dolce della loro storia centenaria vogliono fare di più, vogliono straripare. E lo fanno: nel finale Marcelo e un rigore di Ronaldo dissipano ogni dubbio. 4-1 e il sogno si realizza.
Dopo dodici anni di frustrazioni, il Real Madrid conquista la maledetta ‘Decima’. Un’impresa mai realizzata prima e che rimarrà negli annali del calcio. Ci voleva Carlo Ancelotti per portare a termine un qualcosa che ad altri era sembrato impossibile. “Ci abbiamo creduto e ce l’abbiamo fatta. Con sofferenza, è vero, ma abbiamo meritato il successo”, così il tecnico italiano commenterà la vittoria della finale e nei giorni successivi verrà soprannominato dalla stampa spagnola ‘Carlo Magno’. E lo fu per davvero.