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Buffon, De Sanctis, Sirigu; Abate, Balzaretti, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Maggio, Ogbonna; De Rossi, Diamanti, Giaccherini, Marchisio, Montolivo, Thiago Motta, Nocerino, Pirlo; Balotelli, Borini, Cassano, Di Natale, Giovinco. L’Italia che il ct Cesare Prandelli seleziona per l’Europeo del 2012, ospitato da Polonia e Ucraina, non è di certo tra le più forti della nostra storia.
Poche stelle, qualche veterano giunto all’ultima esperienza con la maglia della Nazionale e un tecnico bravo, ma privo di un grande palmarès a livello internazionale. Inoltre il peso, non indifferente, del fallimentare Mondiale del 2010 da riscattare, il Mondiale del Lippi bis (era proprio necessario, mister?) in cui abbiamo collezionato 2 punti totali nelle sfide contro Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia. Ultimo posto nel girone, meritato.
In questa Italia il grosso delle responsabilità, da parte di squadra, tifosi e addetti ai lavori, viene caricato sulle spalle di Mario Balotelli. 22 anni e un talento fuori discussione, Super Mario ha appena concluso il suo primo campionato in doppia cifra di gol (13). Quella Premier League che il Manchester City (allenato da suo “papà” Roberto Mancini) ha vinto dopo ben 44 anni superando in rimonta il QPR all’ultimo respiro dell’ultima giornata con gol di Kun Aguero, servito proprio da Balotelli.
Testa calda, fisico imponente e piedi di pregevole fattura, “Balo” ha il dovere di scoprire le carte, di decidere chi e che cosa essere da grande, perché se mezzo mondo lo considera uno dei possibili dominatori del calcio degli anni a venire, l’altra metà teme che non esploderà mai davvero, incapace di recitare il ruolo di protagonista ad altissimo livello.
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Euro 2012 comincia, l’Italia pareggia 1-1 contro la Spagna, campione di tutto in carica, con gol di Totò Di Natale, e Balotelli gioca 57 minuti prendendo un giallo. Poi c’è la Croazia: stesso risultato (a segno Pirlo), e 69 minuti in campo per Mario. Per svoltare, per ritrovare fiducia, ci vuole un po’ di panchina. Nell’ultimo incontro della fase a gironi, contro l’Irlanda di Giovanni Trapattoni, Balotelli parte fuori. Sblocca Cassano di testa nel primo tempo, al 74’ Mario entra e chiude i conti con una splendida sforbiciata al volo, seguita da classica esultanza polemica prontamente “coperta” da Leo Bonucci. È il suo primo gol in gara ufficiale con la Nazionale e vale l’accesso ai quarti di finale.
Il posto da titolare torna suo, e con questo l’adrenalina della fase conclusiva dell’Europeo, le partite che ogni Nazionale punta per due anni e che ai due anni danno un significato profondo. Portare in alto l’onore di un Paese: solo in questa circostanza un calciatore ne coglie l’essenza. E allora capisci facilmente che quello che hai messo in campo sino ad ora non basterà più, che c’è bisogno del massimo del massimo per 90 minuti più recupero, o magari 120. Più i rigori.
È ciò che accade ai quarti di finale, in cui Balotelli non sfrutta diverse chance per castigare l’Inghilterra, Nocerino segna in fuorigioco e al termine del secondo tempo supplementare il punteggio dice 0-0. La lotteria dei rigori, aperta dal gol di Mario e in cui rischiamo un discreto numero di infarti tra gli errori, una traversa, un cucchiaio e una presa di Buffon, ci premia, e l’avventura continua.
Ora, la storia vuole che sulla strada dell’Italia, in ogni manifestazione internazionale degna di essere ricordata, compaia la Germania. Italia-Germania, due parole più volte accostate nelle orecchie di differenti generazioni di bambini, pronunciate da differenti generazioni di nonni. Tutti abbiamo il nostro Italia-Germania. Vuoi vedere che è arrivato quello dei più piccoli, di quelli che non hanno fatto in tempo ad esultare con coscienza al gol di Grosso e cercano, adesso, il proprio eroe?
Il 28 giugno 2012 allo Stadion Narodowy di Varsavia, tra coloro che per curriculum possono puntare a far gioire una nazione, Buffon c’è, Pirlo c’è, Cassano c’è, Balotelli c’è. C’è anche un Montolivo trequartista, ma non esageriamo con le suggestioni. Fischia Lannoy (un francese nella disputa calza a pennello) e inizia la battaglia contro i teutonici avversari.
Balotelli sgomita, si sbatte, prende falli e tiene alta la squadra, con un atteggiamento positivo come raramente si è visto in precedenza. Il cronometro dice appena 20 quando sulla sinistra Cassano si prende gioco di Hummels e Boateng, crossa con il mancino e pesca in area piccola Mario, anzi Super Mario, più Super che mai. Stacco imperioso a rendere vani gli interventi di Bastuber e dell’estremo difensore Neuer, rete, azzurri in vantaggio.
Non è un gol come gli altri, Balo lo sa ed urla, esulta e ringrazia il compagno per l’assist. Lo stesso Balo che della “non esultanza” ha fatto un must della sua ancor giovane carriera. Italia-Germania è anche questo, andare oltre, mettere in dubbio tutto il passato per immergersi in una dimensione nuova, più solida, indelebile.
Passano appena 16 minuti e, nel pieno della trance agonistica, Balotelli riceve un magistrale lancio di Montolivo (Prandelli, siamo degni di partecipare alla tua mensa?), accomoda con il sinistro e spara un missile di destro sotto l’incrocio dei pali. Neuer pietrificato, maglia numero 9 al vento e posa statuaria per i fotografi e i racconti di letteratura calcistica futuri. L’Italia impazzisce, Super Mario ha fatto male alla Germania e lo ha fatto due volte. È lui l’eroe, ci sentiamo imbattibili.
E quel calcio, quel destro di terrificante violenza, è un calcio alle critiche, alle polemiche, ai dubbi degli innumerevoli esperti che non hanno mai creduto in quel ragazzo, nato a Palermo da una mamma e da un papà ghanesi in cerca di fortuna.
Nonostante il doppio vantaggio l’intensità della sua partita non cala: Balo continua a correre e ad aiutare i compagni sino al 70’, quando si accascia a terra in preda ai crampi. È esausto, finito, e non può far altro che accomodarsi in panchina per assistere al finale.
I tedeschi spingono, ci provano, conquistano nel recupero un rigore che Ozil trasforma ma non basta: vinciamo noi. Italia-Germania finisce 2-1. Due gol di Super Mario Balotelli, che all’appuntamento con la storia ha risposto presente. Siamo in finale.
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