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Il Liverpool è la squadra più forte del mondo. Dall’arrivo in panchina di Jurgen Klopp i Reds sono stati protagonisti di una crescita costante, da tutti i punti di vista, che ha permesso loro di schiantare tutti i rivali trovatisi di fronte. Arricchita in maniera determinante dai tanti colpi di mercato piazzati, alcuni dei quali dalla Serie A, la squadra del Merseyside è riuscita a tornare meritatamente sul tetto d’Europa vincendo la Champions League 14 anni dopo l’ultima volta. E coronavirus permettendo, è ad un passo anche il trionfo in Premier League, un successo che manca dal 1990 e che inciderà definitivamente i nomi di Salah e compagni nella storia del calcio inglese.
C’è stato un tempo, però, lontano ma non troppo, in cui il Liverpool svolgeva il ruolo di preda più che di predatore. C’è stata, in particolare, una notte che ha visto Anfield espugnato, in ginocchio, sconfitto. La notte in cui l’Italia del calcio ha potuto alzare le braccia al cielo, unita, quasi nella sua complessità, dall’entusiasmo di una squadra frizzante ed esplosiva. La Fiorentina di Cesare Prandelli.
È il 9 dicembre 2009 e una squadra basata sulle parate di Frey, l’esperienza di Comotto, la saggezza di Kroldrup, il compasso di Montolivo, il talento di Jorgensen e la freddezza di Gilardino affronta in trasferta i Reds di Benitez con la possibilità di conquistare, con una vittoria, il primo posto del girone E di Champions League. Merito di un percorso strepitoso fatto di 4 vittorie in 5 partite, compresi i successi del Franchi contro il Lione e contro lo stesso Liverpool, che quindi sa a cosa può andare incontro.
L’arbitro Skomina fischia e la battaglia comincia. I ritmi non sono forsennati ed è un bene per la Fiorentina, consapevole delle proprie qualità ma anche della differenza che può fare il pubblico di Anfield se emotivamente coinvolto al 100% in una gara ad alta intensità. Gilardino fa reparto da solo, bene come sempre, senza timore alcuno. Le prime chance sono viola, con Jorgensen che calcia alto dal limite, De Silvestri (nell’inedito ruolo di ala destra nel 4-2-3-1 scelto da Prandelli) che di testa costringe Cavalieri al colpo di reni e Montolivo che di destro al volo non va lontanissimo dal goal of the month.
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In vantaggio, tuttavia, ci vanno i padroni di casa, che colpiscono al primo tentativo. 43 minuti sul cronometro, punizione dalla destra: cross di Gerrard, colpo di testa di Benayoun (tutto fuorché un gigante) e rete. All’intervallo conduce il Liverpool, 1-0.
La ripresa parte sulla falsariga del primo tempo, con la Fiorentina a far gioco e il Liverpool pericoloso su calcio piazzato. Di testa Gilardino sfiora il pari, quando scatta l’ora di gioco Kuyt non arriva su un’altra punizione di Gerrard (uno dei due piedi migliori della contesa, l’altro non è ancora entrato) e finalmente al 63’ giustizia è fatta. Avanza Comotto che suggerisce in avanti, velo superbo di Santana, poi Gilardino. Sarebbe esagerato metterli sullo stesso binario, ma Gilardino pur sbagliando lo stop fa una giocata simile, sulla stessa mattonella, a quella per Del Piero il 4 luglio 2006 al Westfalenstadion di Dortmund. Appoggio per Jorgensen che non ci pensa due volte, scarica il sinistro ed è 1-1.
A questo punto Benitez, che non ci sta, mette dentro Niño Torres e il finale si infiamma. Lo spagnolo suona la carica e partecipa a tutte le occasioni dei suoi, tra le respinte di riflesso di Frey, le invenzioni di Gerrard (ancora lui) e l’italico Dossena che non impatta per un soffio di testa il pallone del sorpasso. Ma è successo dell’altro.
Al minuto numero 70 Prandelli ha inserito, al posto capitan Jorgensen, Juan Manuel Vargas. In Perù lo chiamano Loco, e probabilmente un po’ loco devi essere per non fare una carriera ai vertici del calcio mondiale quando Madre Natura ti ha regalato un sinistro così. Quello di Vargas è senza discussioni uno dei mancini più garbati, per usare un termine caro ai toscani, che abbiano calcato i campi di Serie A nel Ventunesimo Secolo. Sostanzialmente l’esterno classe ’83 con quel piede fa quello che vuole, che sia da fermo o in situazioni dinamiche, e con questo compito è entrato in campo. Fare quel che vuole.
C’è tempo per un tentativo dalla distanza di Marchionni, sul quale è bravo a distendersi Cavalieri, e il match giunge al 90’. Novantesimo, novantunesimo, novantaduesimo. Pasqual arriva a metà campo e serve Vargas. Il peruviano tenta la magia, l’esterno mancino di prima ad autolanciarsi per saltare in velocità Darby, che lo marca stretto. Non gli riesce, il pallone è del terzino con la maglia rossa. Ma lui è loco e non lo sa.
Vargas recupera la sfera, scatta, alza la testa e vede al centro dell’area di rigore, solo, Alberto Gilardino. Quest’ultimo ha davanti a sé Cavalieri e, più in là, il settore ospiti, gremito di oltre 3.000 supporters viola che mettono le mani tra i capelli (in piedi ci stanno già da oltre 100 minuti). È il momento. Sta succedendo davvero. Vargas mette dentro, Gilardino calcia di prima di interno destro, gol. Fiorentina in vantaggio.
Gila corre dietro la porta, scavalca i tabelloni pubblicitari, vuole lanciarsi in curva ad abbracciare i suoi tifosi. Intervengono gli steward, lo fermano, non può scavalcare tutto ciò che ha davanti. Allora sale sul margine del tabellone, arrivano i compagni, anche quelli della panchina. Non sa dove guardare. Gilardino urla “Goooo”, poi si gira, “Goooo”, poi si gira, “Goooo”. Delirio, delirio puro. Anfield è gelato, sommerso dalle grida di un settore che sta esplodendo, tra la gioia e lo stupore. Sono le ultime, indimenticabili, immagini della partita, che si conclude con il trionfo viola. È una delle notti più emozionanti della storia del calcio italiano in Europa.
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