Amarcord

L’angolo del ricordo: “Arriva Milanetto, attenzione, due contro…zero”

Diego Alberto Milito - Foto Facebook MondoFutbol
Diego Alberto Milito - Foto Facebook MondoFutbol

Possiamo dividere la carriera di Diego Alberto Milito in due fasi. La prima, iniziata con la maglia del Racing Club de Avellaneda, è la fase del Principe. La seconda, finita con la maglia del Racing Club de Avellaneda, è la fase del Re. O meglio, quella del “Principe diventato Re nella notte di Madrid”.

Il ragazzo nato a Bernal il 12 giugno 1979, che di mestiere per diversi anni ha fatto gol, dà grande prova delle sue abilità sin dai primi anni da professionista in patria. Tanto che, per evitare di vederlo andare in doppia cifra di realizzazioni per la seconda stagione consecutiva, nel gennaio del 2004 il Genoa, allora in Serie B, lo acquista dal Racing a titolo definitivo. E lui, come se niente fosse, va in doppia cifra in metà campionato, il suo primo in Europa.

12 gol da gennaio a giugno, poi l’inversione dei numeri per firmarne 21 la stagione successiva, più uno in Coppa Italia che segna l’inizio del suo magico rapporto con le competizioni ad eliminazione diretta. Totale, 22: Diego Alberto Milito 22, il marchio di una vita.

Ma la notte più bella, più emozionante, più esaltante con la maglia rossoblu, per el Principe deve ancora arrivare. Ci sono infatti di mezzo 3 stagioni nel Real Saragoza, in cui timbra il cartellino in tutto 61 volte prima di tornare ad indossare quei colori, che sono gli stessi del Cagliari di Enzo Francescoli, a cui “rubò” il soprannome, ma sono soprattutto i colori del Genoa di Enrico Preziosi, uno degli uomini di calcio che più gli ha voluto bene.

Ecco, la notte in cui il bene del suo presidente è stato maggiormente ripagato è probabilmente quella del 3 maggio 2009. A Marassi, davanti a 32.303 spettatori che difficilmente avranno dimenticato, ora che è passato più di un decennio, le palpitazioni di quei 90 minuti più recupero.

È Genoa-Sampdoria, il Derby della Lanterna, una delle gare più agonisticamente spettacolari della Serie A dall’alba dei tempi. La fantasia del tridente Palladino-Milito-Sculli affronta l’estro del tandem Cassano-Pazzini, due che gli attaccanti sanno farlo molto, molto bene. Gasperini contro Mazzarri, rossoblu contro blucerchiati, ma basta preamboli.

Emidio Morganti fa cantare il fischietto e la sfida comincia. Nella nebbia dei fumogeni, come da copione sono le punte ad inaugurare il vortice di emozioni del match. In avvio Cassano serve Pazzini, che all’altezza del dischetto controlla, accarezza il pallone nello stretto con un’eleganza degna dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club e scarica il destro alto. Poi Palombo regala a Cassano la sfera dell’1-0 ma il barese non centra la porta. Dalla parte opposta Palladino per Milito, l’argentino stoppa, replica l’esterno di Pazzini per liberarsi, calcia e crede di averla sbloccata, ma Castellazzi non è dello stesso avviso e manda in angolo. Show time.

Il gol è nell’aria: sugli sviluppi del calcio d’angolo un giocatore della Samp rischia l’autorete, sul pallone si avventa Milito e con i tacchetti el Principe segna il primo gol della partita alla mezz’ora. I rossoblu impazziscono di gioia e prendono fiducia. Vogliono uccidere la contesa.

Criscito da fuori non va lontano dal bersaglio, Palladino manca di un soffio l’appuntamento con il tap-in al limite dell’area piccola, ma non è il momento di chiudere i giochi. Poco prima della conclusione del primo tempo, infatti, la Dea Bendata vuole che un destro da distanza siderale di Palombo finisca, dopo una deviazione avversaria, sul destro di Campagnaro (occupazione: difensore) che ringrazia e firma il pari.

L’inerzia della partita sembra girata e nella ripresa Sammarco ricorda all’Italia la differenza tra lui e il quasi omonimo con la N al posto della M, commettendo forse l’errore più brutto della carriera su uno splendido assist di testa di Lucchini. C’è tempo per la girata volante di Pazzini nell’area del Genoa, non sul pallone ma sul naso del povero Bocchetti, e al 73’ la regola di Milito che non sbaglia mai: errore difensivo della Samp, rimpallo su Criscito che involontariamente manda in porta il compagno, errore del guardalinee che non vede il fuorigioco e sinistro nel sacco del Principe. Doppietta, braccia al cielo, rossoblu nuovamente avanti e nuovamente esplosi nel nome del puntero albiceleste.

L’ultima parte della gara è da Far West. A 5 dal 90’ Pazzini reclama un calcio di rigore, si scatena una rissa e Ferrari tira i capelli a Franceschini: seconda ammonizione, espulso. I blucerchiati in superiorità numerica vanno all’arrembaggio verso il fortino avversario. Vale tutto. In seguito ad uno scontro di gioco Rubinho rimane a terra, Morganti fischia e parte la seconda rissa: rosso diretto per Campagnaro e Thiago Motta. È bagarre senza esclusione di colpi. I minuti di recupero sono 6.

Arriva il minuto 93, quello che ai genoani fa ancora brillare gli occhi. La sfera è pericolosamente all’interno dell’area rossoblu, Mesto la allontana e Milanetto la spazza in acrobazia. C’è Palombo, che guarda in avanti studiando rapidamente la situazione per progettare il lancio dell’Ave Maria. Ma c’è un dettaglio che ha dimenticato, il pallone. Cercando di rimediare ad uno stop che definire errato è un eufemismo, Palombo perde un contrasto e lascia che il destino faccia la sua parte.

Scatta Milanetto, si impossessa dell’attrezzo del mestiere e lo fa rotolare verso un Palladino partito prima della riga di metà campo. A questo punto Maurizio Compagnoni, telecronista Sky dell’evento, scorge la prateria sulla sua destra ed esclama a gran voce: “Attenzione, due contro…zero”. Già, due contro zero, perché il pallone è di Palladino, al suo fianco corre Milito e in maglia blu non c’è nessuno.

I tifosi del Genoa tirano su le braccia, è fatta. Palladino arriva al limite, Castellazzi prova a spaventarlo in uscita ma ha i guanti, non la bacchetta magica. Comodo appoggio per Milito che non può sbagliare (e anche se avesse potuto non lo avrebbe fatto) ed è gol. El Principe ne ha fatti 3 e lo indica con le dita della mano. La vittoria è conquistata, può partire la festa. Per stavolta non ci sono dubbi: Genova è rossoblu, ma ditelo in argentino.

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