“La radio è il teatro della mente” – Steve Allen
Chi ha la fortuna di vivere a cavallo tra diverse generazioni deve farne tesoro. Si ha modo di prendere la vita nella sua straordinaria quotidianità, passare al setaccio le passioni che fanno battere il cuore e osservare con gli occhi lucidi cosa sia cambiato. E perché.
In un momento in cui lo sport, il calcio in questo caso, si presenta ancora una volta come ‘la cosa più importante fra le cose meno importanti’, un classe 1988 come il sottoscritto ha a disposizione numerosi frammenti di esistenza per avvolgere il nastro e godersi il più bello dei film.
Sedici anni fa, il 7 aprile del 2004, ci lasciava Enrico Ameri. Non ho fatto in tempo ad ascoltarlo dal vivo (la sua ultima radiocronaca, Genoa – Juventus, è datata 26 maggio 1991) ma a farmi raccontare qualcosa si. Flashback. Natale 1999. Percorro lentamente il corridoio che mi separa dall’albero di Natale, rigorosamente bendato e guidato per mano. Come sempre. Apro gli occhi e per la prima volta davanti a me non c’è alcun pacco colorato da scartare. Nessun Lego, nessuna gigante pista Playmobil. Attaccato ad uno dei rami più alti c’è un contratto: finalmente la PayTv.
Scusami, radio, se da quel momento in poi ti ho tradita. Se l’atmosfera creata dai fumogeni, le emozioni del campo e la mia voglia di lasciare l’effetto stadio per divertirmi con le prime telecronache hanno preso il sopravvento in un istante. Sei tornata, tempo dopo, a farmi compagnia nelle lunghe giornate trascorse in macchina. A rischiare di farmi deragliare sulla A1 in occasione di un derby di Champions League. Sei tornata e tornerai ancora.
Enrico Ameri è stato per tanti anni la voce del campo principale di “Tutto il calcio minuto per minuto”. L’abitudine più bella per i calciofili, il sogno di una vita per chi il giornalista sportivo lo fa per professione. È una cosa che se non vivi fai fatica a cogliere in pieno. L’ansia che sale quando il radiocronista collegato con il campo della tua squadra prende la linea all’improvviso è paragonabile a quella vissuta per poche altre cose. Chi, come Ameri, ha avuto a lungo il privilegio di raccontare tutto questo, entrando nelle case di milioni di italiani, ha fatto parte della vita di tutti noi.
Nato a Lucca il 25 aprile (lui che ha sempre sostenuto apertamente il Movimento Sociale Italiano) e trasferitosi a Roma dalla sua Genova, come i migliori ha iniziato dalla gavetta. Nel 1950 la sua prima radiocronaca alla Mille Miglia. Poi, per un po’ di tempo, niente sport. Un percorso formativo unico: dalla guerra del Vietnam, al discorso di Papa Paolo VI alle Nazioni Unite, fino allo sbarco dell’umo sulla Luna. Con il passaggio in televisione di Nando Martellini, la radio diventa la sua casa. Oltre 1600 radiocronache, 22 Giri d’Italia e 15 Tour de France. Lo stile, inutile sottolinearlo ancora, inconfondibile. Il dualismo con un altro totem come Sandro Ciotti, anche.
Istituzionale, professionalmente impeccabile. Un respiro lungo, prima del calcio d’inizio e via, tutto d’un fiato. Ameri non amava le pause, descriveva esattamente ciò che stava avvenendo in quel momento. Enfasi, accelerazioni improvvise. In un attimo anche l’azione più insignificante assumeva una sua dimensione. La radio, nella sua essenza. Cronaca pura. Era l’epoca delle domeniche in famiglia, del pranzo dai nonni, delle partite in contemporanea.
“La prima volta che ho trascorso del tempo accanto ad Enrico Ameri – ricorda orgoglioso Riccardo Cucchi – è stata una meravigliosa lezione di giornalismo. Nel nostro percorso di formazione abbiamo avuto il privilegio di accompagnare le grandi voci e prendere appunti mentre svolgevano il proprio lavoro. Quel Milan – Juventus lo ricorderò per sempre, ero incantato nel vederlo lavorare. Enrico era solito arrivare allo stadio con largo anticipo, per evitare inconvenienti ed entrare in sintonia con l’ambiente. L’insegnamento più grande che ho ricevuto da lui è stata la capacità di aderire con trasporto a ciò che lo circondava. Lo ascoltavo da bambino e avevo l’impressione di essere lì con lui. Il 7 aprile del 2004 ero a La Coruna per la radiocronaca del match di ottavi di finale di Champions League tra il Deportivo e la Juventus. Da studio ebbi la tragica la notizia e feci molta fatica a continuare. Il suo ricordo mi ha accompagnato fino al triplice fischio”.
Grazie, maestro. La sua voce continuerà per sempre a farci compagnia. Dal campo principale.