Riassumere quanto accaduto in quell’Europeo del 2000 è un po’ come riaprire una ferita mai del tutto cicatrizzata. Il primo grande torneo calcistico internazionale che viene organizzato da due paesi, l’Olanda e il Belgio. Sulla carta è forse l’edizione più competitiva di sempre: l’Olanda con un organico spaventoso, la Germania campione in carica, la Francia vincitrice del Mondiale due anni prima, la Spagna che ha una discreta rappresentanza del Real Madrid che aveva dominato l’ultima Champions League e, infine, le altre grandi, Inghilterra, Portogallo e l’Italia di Dino Zoff. Contrariamente a quanto pronosticato, è proprio la nazionale italiana ad approdare in finale dopo un’eroica semifinale contro l’Olanda, partita che passerà alla storia per la prestazione incredibile di Francesco Toldo e per il rigore con il “cucchiaio” di Francesco Totti a Van der Sar. La partita con l’Olanda poteva significare solo e soltanto una cosa: eravamo pronti a diventare campioni.
LA PARTITA – 2 luglio 2000, Stadio De Kuip di Rotterdam. La squadra è pronta, mancano pochi secondi all’inizio e i nostri si schierano in campo. In porta Francesco Toldo, in difesa Cannavaro, Nesta, Iuliano e Maldini, a centrocampo Di Biagio, Albertini, Pessotto e Fiore, in attacco Francesco Totti e Marco Delvecchio. La partita inizia come una classifica finale, con le due squadre che si studiano ma hanno un leggero timore di scoprirsi. La Francia di Zinedine Zidane gioca bene, ma noi non ci facciamo intimidire. Andiamo all’intervallo sullo 0-0, tranquilli, perché sappiamo di poterla vincere. Nella ripresa al 55’ avviene qualcosa, quel colpo di genio che stavamo aspettando e che poteva arrivare solo dai piedi di Francesco Totti. Un colpo di tacco del Pupone libera Gianluca Pessotto sulla destra, traversone dolce che arriva in area, perfetto, per un’altra grande sorpresa: Marco Delvecchio. L’uomo che non ti aspetti, che nessuno si aspettava di vedere in quella finale, su cui nessuno avrebbe scommesso, si fa trovare nel posto giusto al momento giusto e col piatto sinistro batte Barthez. Siamo avanti. Dopo sei minuti abbiamo l’occasione di raddoppiare, quando il solito Totti vede uno spazio che gli altri non hanno visto e lancia Alex Del Piero, entrato al posto di Fiore. Lo juventino si ritrova da solo davanti Barthez e tutto potrebbe finire in quel preciso momento. Deve solo insaccare il pallone in rete e correre ad esultare, ma quella è una serata particolare e Alex non ci riesce. Palla larga, opportunità sprecata. Non ci perdiamo d’animo, Zidane e compagni non ci fanno paura e la Francia sembra faticare a superare un grande Toldo, che nega il gol a Wiltord e a Henry. Dà l’impressione di una Francia destinata alla sconfitta. Noi stringiamo i denti e resistiamo, resistiamo e ogni minuto che passa in cui ci difendiamo, assaporiamo sempre di più il momento in cui potremo far sventolare quella bandiera in alto nel cielo. Arriviamo all’ultimo minuto del tempo regolamentare ed è fatta. Ci siamo quasi. E poi, ad un tratto, tutti i nostri sogni si sgretolano in un secondo. Il Dio del calcio fa la sua scelta, evidentemente non è ancora tempo per noi. Wiltord riesce a compiere quell’impresa che non era riuscita a nessuno degli olandesi pochi giorni prima: battere Francesco Toldo. È 1-1.
I SUPPLEMENTARI E IL GOLDEN GOL DI TREZEGUET – Si deve giocare ancora, ma noi siamo scioccati, a pezzi fisicamente e psicologicamente. Una bastonata del genere atterrerebbe chiunque. La Francia, invece, è galvanizzata e Zidane sale in cattedra e si fa sempre più incisivo. I supplementari finiscono dopo soli 13 minuti. Quando Pires va via sulla fascia sinistra è come se già sapessimo cosa sta per accadere, come se già sentissimo in bocca il sapore della sconfitta, come un film dal finale scontato. Il centrocampista mette in mezzo un cross teso e la tortura finisce. Arriva il Golden Gol di Trezeguet, appena entrato, che chiude i conti. La beffa delle beffe. Si chiuse così quell’europeo di sogni infranti. Il più sfortunato fu proprio il ct Dino Zoff, che in seguito rassegnò le dimissioni, ma iniziò comunque a dare forma a quella squadra che sei anni più tardi ai Mondiali di Germania si sarebbe presa la rivincita e avrebbe conquistato il tetto del mondo.