Dall’incidente alla panchina, primo tecnico disabile con patentino Uefa A. È la storia di Antonio Genovese raccontata da Artemio Scardicchio nel libro “L’allenatore in carrozzina”, presentato questa mattina nella sala Giunta e Consiglio del Comitato italiano paralimpico, a Roma, alla presenza del numero uno del Cip Luca Pancalli e del presidente del Coni Giovanni Malagò. Grande appassionato di calcio e giovane promessa in procinto di passare nelle giovanili del Milan o dell’Inter, Antonio è rimasto coinvolto in un brutto incidente automobilistico al ritorno dalle vacanze in Sicilia quando ancora non aveva compiuto 14 anni. La riabilitazione è stata lunga, quasi un anno tra operazioni e fisioterapia, ma ancora più lungo è stato il percorso per realizzare il proprio sogno di lavorare nel mondo del calcio.
“Subito dopo l’incidente dovevo decidere se diventare un vegetale o tornare a vivere e io ho scelto questa seconda opzione – ha spiegato Genovese – Ho praticato basket in carrozzina, poi hockey, ma dentro di me c’era la voglia di fare calcio, lo sport che ho sempre amato. Tutti mi dicevano che non era possibile allenare in carrozzina, anche all’interno della federazione. Invece ce l’ho fatta”. Antonio ha ottenuto il patentino, poi ha incontrato casualmente l’ex presidente dell’Inter Massimo Moratti. “Mi disse una cosa che non dimentico: se te ne intendi di calcio non servono venti anni di esperienza. Quando esci dall’ospedale telefonami che ti trovo il posto. E così è stato: feci un colloquio con Mazzola e iniziai un percorso di dieci stagioni con il settore giovanile dell’Inter. Da lì ho proseguito, sono passato al Monza, ho allenato anche gratuitamente, per passione, per aiutare i ragazzi a inseguire il proprio sogno. Perché si può correre anche dalla panchina”.
Genovese l’ha dimostrato ottenendo il patentino Uefa A e oggi è il vice allenatore e responsabile della tattica della squadra femminile dell’Empoli, un mondo che “ho scoperto e ho imparato ad amare – ha osservato Antonio – Chi dice che il calcio femminile non è calcio sbaglia: le donne possono insegnare tantissima tattica e mettono in campo grande abnegazione, spirito di sacrifico, grinta. Molti ragazzi dovrebbero prendere esempio”. “Antonio dimostra che, rincorrendo i sogni con grande voglia, si riesce a realizzarli – ha sottolineato Pancalli – Io gli dico bravo, complimenti per la caparbietà ma soprattutto grazie, perché il suo esempio può regalare un sogno o un sorriso a tanti ragazzi che, in un letto di ospedale, pensano che la propria vita sia finita”. “Bravo Antonio, primo disabile con patentino professionistico. Credo che ne arriveranno altri dopo questo libro e grazie al tuo esempio – ha rimarcato Malagò rivolgendosi a Genovese – Tu sei la prova provata della sovrapposizione totale tra il mondo olimpico e quello paralimpico, una persona disabile che allena i normodotati”.