Josip Ilicic ha raccontato in un’intervista ad AS il difficile periodo vissuto dopo il Covid e il successivo addio all’Atalanta: “Arrivò un punto in cui non sentii più il bisogno di giocare ad alti livelli e decisi di portare la famiglia a casa. La verità è che non sopportavo più tanta pressione, giocando ogni tre giorni. Dopo la pausa Covid ho sofferto troppo, non ero più lo stesso e sentivo in cuor mio che era arrivato il momento di dire basta. Avevo promesso di tornare il giorno in cui sarei partito da Maribor e l’ho mantenuto“. Sulla separazione dalla Dea: “Mi ero preso una pausa per recuperare fisicamente, ma avevo l’obiettivo di potercela fare. Però cominciavo a sentire qualcosa di diverso dentro di me. Non ne potevo più. Se non stai bene mentalmente, non puoi durare fisicamente e se non posso dare il massimo, preferisco fare un passo indietro”. Lo sloveno spiega: “Non ho accettato di stare in panchina e il calcio non è solo una questione di soldi, altrimenti sarei andato in Cina o in Arabia Saudita. Il calcio è amore“.
La decisione di salutare l’Atalanta arrivò dopo un periodo complesso tra panchina e campo: “Dopo un mese di confinamento ho chiesto al club di andare via. Soffrivo troppo senza la mia famiglia. Una volta arrivato lì ho capito che era quello di cui avevo bisogno e che il calcio non faceva più per me. Giocando ogni tre giorni sei sempre in viaggio, non hai una vita privata e non potevo accettare che la mia famiglia mi vedesse soffrire. Mi sentivo di nuovo ‘bambino’, per essere felice“. Ilicic rivela di essere stato molto vicino al Napoli: “Era praticamente fatta ma alla fine l’Atalanta ha deciso di non lasciarmi partire. Per loro era fondamentale ma avevo già accettato l’offerta del Napoli e parlato con Ancelotti, mi ha detto due o tre parole sul calcio… e poi mi ha parlato della vita. Mi raccontò cose di Napoli: ‘Dai, vieni, andiamo a mangiare, a bere…’. (Sorride). Ne aveva parlato anche con Mertens e con il ds Giuntoli. Ero convinto, volevo andare lì per vincere il campionato e giocavo molto bene, fisicamente ero un animale“.