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Nell’estate del 1978, il presidente della Roma Gaetano Anzalone porta la squadra giallorossa in una tournée negli Stati Uniti e scopre il mondo del merchandising il cui matrimonio con lo sport è già avviato da molti decenni. L’idea, forse la prima in Italia, di adattare lo stemma della squadra di calcio alle esigenze del mercato nasce in quel contesto e la società , complice l’impossibilità di utilizzare la Lupa Capitolina nel logo, contatta il designer Piero Gratton che mette a punto una invenzione che caratterizzerà la Roma anni ’80: il lupetto stilizzato. E’ l’inizio di uno stravolgimento, in questo caso forzato, delle tradizioni di un club a favore delle esigenze di crescita nel mercato globale dell’immagine di una squadra.
Si pone in questo contesto l’annuncio del Presidente della Juventus Andrea Agnelli che ieri durante una cerimonia a Milano ha presentato quello che dal 1 luglio 2017 sarà il logo della più titolata squadra di Torino. Del vecchio stemma non rimane più niente: lo scudo a fasce bianconere, il simbolo di Torino in basso, persino della zebra che caratterizzò gli anni ’70 non c’è traccia. Al suo posto, una minimalista “J” che ha lasciato perplesso più di un tifoso, e a nulla sono servite le spiegazioni del Presidente e non è servito neppure citare una storica frase di Gianni Agnelli (“Mi emoziona leggere la lettera ‘J’ sui giornali, penso subito alla Juventus”). La società bianconera segue così l’esempio della Roma che nel 2013 si rese protagonista di un altro, discusso cambio di stemma. Dopo aver introdotto nuovamente la Lupa Capitolina nel corso degli anni ’90 in virtù di una petizione dei tifosi, la società guidata da James Pallotta ha rimosso il monogramma “ASR” introducendo un più immediato “Roma”. Una novità che non è piaciuta alla stragrande maggioranza dei tifosi che continuano a manifestare contro il nuovo logo.
Ancor più traumatico fu il cambio che subì il Cardiff City. I colori ufficiali e il simbolo della squadra sono stati il blu e il bianco e una rondine fino al 2012 quando il patron malese della società decise di passare al dragone e al rosso, ritenuti fortunati in oriente e quindi dotati di maggiore appeal in Asia dove però il mercato del Cardiff stenta in ogni caso a decollare. Una scelta che fece infuriare i supporters più affezionati.
Chiara quindi la linea seguita dalle società di calcio. Priorità al merchandising rispetto alla tradizione, la crescita dell’immagine da perseguire anche al costo dei malumori nella tifoseria più oltranzista. Ma come poter abbinare la modernità , quella sì necessaria per essere al passo con i tempi, alle esigenze dei fan di riconoscersi in uno stemma fedele alle origini, la storia e la filosofia di un club? La via l’ha tracciata il Manchester City che dopo aver cambiato nel 1997 il tradizionale logo, ha chiesto nel 2015 tramite un sondaggio ai suoi tifosi di indicare lo stemma da adottare. I supporters hanno in massa optato per la tradizionale forma circolare contenente al suo interno la nave, simbolo del Manchester Ship Canal e la società si è adeguata con qualche accorgimento. Una scelta democratica, semplice e al passo con i tempi, le società nostrane prendano esempio.