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Esce oggi “Il realista visionario – Le mie regole per cambiare le regole”, il libro scritto da Arrigo Sacchi con Leonardo Patrignani, la cui prefazione è stata affidata a Pep Guardiola. E la Gazzetta dello Sport sulle sue pagine ha pubblicato un estratto di quanto scritto dal tecnico iberico.
“La prima volta che lo vidi era il 1987...pochi conoscevano il calcio italiano ai tempi, non erano abituati a vederlo in televisione come capita oggi. E nessuno avrebbe potuto immaginare che quell’anno il Milan, sconfitto dall’Espanyol, avrebbe vinto lo scudetto in Italia. Una cosa però è certa: qualsiasi barcelonista avrebbe fatto presto il tifo per la squadra di Arrigo”.
“La svolta di Arrigo è contro-culturale. Il suo calcio doveva essere attrattivo, ma anche vincente. E lo è stato. Avrei voluto vederlo allenare per molti più anni perché il suo metodo, al di là dei titoli, è stato studiato da tanti, tantissimi allenatori, me compreso. E quando questo accade significa che hai lasciato qualcosa di molto particolare”, scrive il tecnico del Manchester City.
“Tutti i giocatori che avevano in mente di diventare allenatori, una volta terminata la carriera, volevano conoscere nel dettaglio i suoi principi. Io ero uno di questi. Sacchi è anche un esempio di educazione e stile. Se penso alla mia gestione del gruppo, per esempio, credo che tra gli aspetti più importanti di una sana convivenza ci sia il parlare bene delle persone, e non male. La tua vita migliora, quando parli bene della persona al tuo fianco. Ci vuole un sincero rispetto per chi ti circonda. Da chi indossa la maglia da titolare a chi massaggia i muscoli degli atleti. Siamo tutti esseri umani, no? Arrigo trattava i suoi allo stesso modo, senza favoritismi, e così faceva sentire tutti importanti”.
“Mi piace pensare all’eredità di Arrigo Sacchi, riflessa nei tanti giocatori di quel Milan che sono diventati bravissimi allenatori. Con i grandi è così: ti insegnano qualcosa di speciale e ti fanno capire che anche tu potrai fare a tua volta quello che loro stanno facendo con te. Ti lasciano un dono, una conoscenza che ti porterai sempre dietro”.
“Qualcuno, l’approccio di Sacchi, l’ha riproposto anche a distanza di tanto tempo. Oggi vedo un calcio italiano più propositivo, tanti allenatori preferiscono attaccare piuttosto che aspettare l’episodio o l’errore dell’avversario. Vogliono essere protagonisti. Gli scudetti recenti di Milan e Napoli sono stati vinti grazie all’organizzazione, a una filosofia di gioco attraverso la quale i singoli calciatori sul campo si muovono “con la squadra, per la squadra, a tutto campo e a tutto tempo”, per citare alla lettera Arrigo. Se penso a Spalletti, a Sarri, a De Zerbi che sta facendo un lavoro eccezionale qui in Inghilterra, ma anche all’aggressività, al pressing alto e ai movimenti che ha fatto vedere Pioli, ci sono tanti begli esempi che fanno pensare a un futuro luminoso. Non so se Arrigo è ottimista come me, ma senz’altro gli farà piacere vedere che tanti mister, oggi, hanno imparato la sua lezione”.
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