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Diversi aneddoti emergono dall’intervista rilasciata dall’ex presidente del Milan Giuseppe Farina al Corriere della Sera. A partire dalla cessione del club rossonero: “Andai da Silvio Berlusconi ad Arcore. Prendilo tu, gli dissi. ‘T’invidio quella bella testa di capelli neri’, mi rispose. Berlusconi me ne offriva 15. Mi chiamò Giampiero Armani, azionista della squadra rossonera che voleva comprarla per 20. L’indomani il petroliere piacentino ricevette una telefonata da Bettino Craxi: “Quell’affare non è per te”. E così non si presentò dal notaio. Invece arrivò la Finanza. Tutti i beni che avevo dato in garanzia, inclusa la casa di Verona della mia prima moglie, mi vennero portati via. Fui arrestato per un reato, il falso in bilancio, che oggi non esiste nemmeno più. Il mio avvocato s’era accordato con il pm Ilio Poppa perché mi rilasciasse subito. Invece mi tennero in cella 48 ore. ‘Se non passi tre giorni in galera, in Italia non sei nessuno’, commentò mia sorella. Aveva ragione”.
C’è modo di soffermarsi anche sul rapporto con Gianni Agnelli: “Mi convocò a Torino: ‘Voglio Paolo Rossi’. Glielo ridò fra un anno, replicai. ‘No, adesso’. Andammo alle buste. Io lo valutai 2,4 miliardi di lire, l’Avvocato 900 milioni. Quello stesso anno il Vicenza fu retrocesso in serie B. Capito come funziona il calcio? Poi tornò alla Juventus e mi diede anche 1 miliardo in nero. Non rammento come lo spesi, giuro”.
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