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“Sogno ancora di giocare a calcio e di allenare. Sono credente, ho avuto una vita felice, ringrazio Dio per questo e davvero non chiedo altro. Nessun rimpianto, se non per gli amici che se ne sono andati. Dopo gli ottanta è come andare ai supplementari: questa è diventata la mia partita, e la gioco meglio che posso. Arrendersi, mai”. Queste le parole di Giovanni Trapattoni nel corso di una lunga intervista in cui si è soffermato a parlare del tema coronavirus e di come abbia cambiato la vita di tutti, ma rivela anche di sognare un suo ritorno in panchina a ottant’anni suonati.
Il Trap ringrazia chi ogni giorno rischia la propria vita per aiutare i malati di coronavirus e in generale la popolazione italiana: “Dobbiamo pensare a chi sta facendo andare avanti l’Italia, e trovare forza da queste persone. Penso ai tanti professionisti che rischiano la vita per noi: la cassiera del supermarket, gli operatori ecologici, le forze dell’ordine, la Protezione Civile, l’Esercito, la Croce Rossa, e naturalmente i medici e gli infermieri. Sono loro, adesso, la nostra grande squadra. Ma non dimentichiamo che di quella squadra facciamo parte tutti, e tutti dobbiamo fare la nostra parte”.
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E sullo stop al calcio e allo sport in generale: “Il calcio e lo sport mi mancano, naturalmente. Farne a meno mi rattrista, perché lo sport è vita e gioia. Neppure le guerre mondiali lo avevano fermato del tutto, e questo ci fa riflettere sulla gravità del problema. Ma sono sicuro che lo sport sarà alla base della ripresa: ci darà forza e passione. Il calcio è lo strumento più semplice e potente per unire i giovani di tutto il mondo, va oltre ogni confine e ogni ideologia, va anche più in là della politica. Ci servirà per ricominciare, speriamo migliori”.
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