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Era il dicembre del 2016 e le telecamere Sky inaugurarono quella che sarebbe diventata una abitudine consolidata: le telecamere nello spogliatoio. Ma per quanto il telespettatore riesca a vedere gli attimi precedenti alla partita, lo spogliatoio resta tutt’ora il luogo più inaccessibile, forse l’ultimo nel mondo del calcio ad indossare ancora la veste dell’intimità e del privato nonché l’unico a conservarne segreti, leggende metropolitane e riti. Chi ha provato a scardinare le sue porte sono stati i suoi stessi abitanti, i calciatori e tecnici, autori di autobiografie di più o meno successo. Storie di liti, amicizie, dibattiti mai resi pubblici e spesso mai usciti fuori da quelle mura prima della pubblicazione del volume. Nel giorno della Giornata Mondiale del Libro, Sportface.it consiglia cinque grandi autobiografie di cinque grandi personaggi del mondo del calcio.
Io, Ibra (David Lagercrantz, 2011)
Se c’è una autobiografia che veramente rispecchia l’animo del calciatore sia nello stile narrativo che nei contenuti, quella è l’opera di Zlatan Ibrahimovic pubblicata nel 2011 ai tempi del periodo milanista del calciatore svedese più conosciuto al mondo. Il libro inizia come inizierebbe una conversazione con Zlatan: senza giri di parole e dritto al punto, che in questo caso è il rapporto con Pep Guardiola. Ma anche l’avventura al Barcellona, la sua unica esperienza sottotono. Non tanto per i numeri (21 gol in una stagione mica sono pochi) ma per l’abbraccio tra due mondi differenti. I calciatori del Barcellona vengono descritti come “scolaretti ammaestrati” e “cagnolini ammaestrati”. Insomma, l’incipit è Ibra: boom. E il resto è ugualmente mai banale tra liti, retroscena e amicizie.
Francesco Totti. Un Capitano (Paolo Condò, 2018)
Da un nomade come Ibra, ad un calciatore che ha giurato fedeltà ad una sola maglia: la Roma. Ma Francesco Totti, come il collega di giocate Zlatan, non è stato esente da discussioni e rapporti controversi con i suoi allenatori. Un nome, una storia, l’ultima della sua carriera: Luciano Spalletti tra la lite di Bergamo e siparietti in hotel durante mitologiche partite a carte con Pjanic e Nainggolan. Ma anche retroscena sull’esordio a 16 anni, la Nazionale, lo Scudetto e il Mondiale del 2006. E sullo sfondo la città di Roma, severa spettatrice e madre protettiva nei momenti di bisogno del suo calciatore più forte.
Massimiliano Allegri. E’ molto semplice (2019)
Un titolo, uno stile di allenare. Che poi è anche lo stile di tutto perché nell’autobiografia dell’ex allenatore della Juventus i parallelismi tra calcio e altro sono molteplici: dalla vita fino alla sempreverde ippica, altra passione del tecnico livornese. Rispetto ad altri libri, qui c’è meno spazio per retroscena e aneddoti. Più che una autobiografia classica, è un manuale del pensiero di uno dei più vincenti allenatori italiani. Al centro delle tematiche, l’esaltazione della tecnica e dell’estro individuale, già oggetto di discussione in diversi dibattiti televisivi.
Andrea Pirlo. Penso quindi gioco (Alessandro Alciato, 2013)
L’autobiografia di uno dei centrocampisti più forti della storia italiana parte nell’ufficio di Adriano Galliani. E’ uno degli ultimi giorni al Milan, quello che sancisce l’addio sotto la regia di Allegri. Nel futuro c’è la Juventus, dove ritroverà il tecnico livornese. Coincidenze della vita in un volume che ripercorre una carriera unica con le tre maglie più prestigiose d’Italia: l’Inter, poi il Milan, infine la Juve. Ma anche Brescia e Reggina. C’è spazio per una serie interminabile di aneddoti, i più esilaranti in Nazionale, con lui protagonista. Altro che il Pirlo serioso e impassibile che siamo stati abituati a vedere in campo. Ecco un Pirlo inedito che inventa scherzi per Gattuso con De Rossi complice. D’altronde in quel Mondiale non aveva che 27 anni. Un ragazzo come gli altri che in campo ci teneva a sfoggiare una professionalità e una concentrazione spesso confusa con una indifferenza che non fa parte della sua persona.
Roy Keane. Il secondo tempo (Roddy Doyle, 2015)
Un calciatore fortissimo, come spesso ci si dimentica di sottolineare. Ma inutile nasconderlo: Roy Keane è icona di un calcio duro e spesso vendicativo. Grazie anche all’episodio più famoso della sua carriera e che rappresenta l’incipit del suo libro: l’infortunio di Alfie Haaland, papà del fenomeno del Borussia Dortmund, Erling. Un regolamento di conti, in piena regola, dopo l’episodio del 1997. Keane racconta la sua versione. E quell’episodio è l’assist per raccontare un’intera carriera. E se la penna di Doyle incontra una storia unica, il risultato non può essere certo banale.
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