Calcio

Gianni Infantino: “Il calcio è importante per la gente, dobbiamo rialzarci per loro”

Gianni Infantino - Foto Piotr Drabik CC BY 2.0

“Il calcio conta troppo per troppe persone al mondo. E’ per loro che dobbiamo rialzarci”. Non usa giri di parole Gianni Infantino, segretario generale dell’Uefa e candidato principale a diventare il nuovo numero uno della Fifa. Italiano, 46 anni, una vita nel calcio: il suo volto è associato inevitabilmente ai sorteggi. Adesso che si è tolto quell’etichetta di dosso non vuole più fermarsi, la poltrona più importante del calcio mondiale lo aspetta, come racconta sulle pagine di Repubblica.

Da 42 anni, dai tempi di Artemio Franchi presidente Uefa e vicepresidente Fifa, non c’è un nome italiano al governo…
“Io sono orgoglioso delle mie radici.E onorato dell’appoggio della Figc”.

Tutto cominciò alla stazione di Briga: non proprio un predestinato…
“Sono figlio di immigrati: papà di Reggio Calabria, mamma della Valcamonica. Lei aveva un chiosco per la vendita di giornali e cioccolata, lui lavorava in ferrovia, nei vagoni letto. Sono cresciuto alla stazione:se volevo vedere i miei dovevo andare lì”.

Il suo slogan – restituire il calcio alla Fifa e la Fifa al calcio – non rischia di restare un gioco di parole?
“La sfida è enorme. Ma ho esperienza, visione a 360 gradi e non temo i cambiamenti. Voglio fare la differenza. Nessuno, ad esempio, combatte  il calcio-scommesse come l’Uefa”.

Riformista, rivoluzionario e conservatore?
“Riformista, servono riforme. Ma anche un uomo d’azione. L’urgenza è ricostruire fiducia con riforme strutturali e culturali: un hovo consiglio e un limite al mandato dei dirigenti, presidente incluso”.

La accusano di parlare con Platini, presidente Uefa sospeso.
“Ho sentito tutto e il contrario di tutto. Con lui continuo ad avere un ottimo rapporto, il nostro fair play finanziario è stato un successo: le perdite dei club sono diminuite da 1,7 milioni a 300 milioni in due anni. Ora una delle mie proposte chiave per la Fifa è la trasparenza di flussi di cassa in entrata e in uscita”.

La tecnologia in campo?
“Giusto aprire il dibattito, ma va testato sul gioco”.

Il Mondiale a 40 squadre peggiorerebbe il livello.
“Al contrario. Permetterebbe a più federazioni di investire risorse nella formazione e aumenterebbe l’incertezza delle qualificazioni, allargando la partecipazione al 19% delle federazioni”.

Non finirà col ticket, Al Khalifa presidente e lei Ad?
“Nessun accordo tra noi, io son in gara per vincere. Non sono il candidato dell’Europa, ma del calcio. Voglio un segretario generale non europeo e una rappresentanza diversificata, competente e qualificata di tutte le confederazioni continentali”.

L’Eca, che riunisce i grandi club europei, appoggia lei ma progetta una Superlega.
“La Superlega esiste già, si chiama Champions League. Voglio una democrazia partecipativa. Il calcio ascolta, basta sapersi parlare”.

 

 

 

 

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