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Esistono dei calciatori che hanno la qualità di essere apprezzati da chiunque. Che siano tifosi, ex tifosi o avversari non ha importanza, loro verranno sempre ammirati per quello che dimostrano in campo. In passato, uno di questi considerevoli giocatori, ha calcato i campi della Serie A con due squadre differenti: Manuel Rui Costa.
GLI INIZI – Rui Costa nasce a Lisbona il 29 marzo del 1972. Il calcio è sempre stato nelle sue vene e all’età di nove anni ha un’opportunità da cogliere al volo, una cosa che non capita a tutti i bambini coetanei: Eusébio, pallone d’oro nel 1965, è sulla tribuna di un campo da calcio pronto a valutare qualche giovane talento. La posta in palio è una maglia tra le giovanili del Benfica. Inizia il provino, Manuel è ad un livello nettamente superiore rispetto agli avversari ed Eusébio non può far altro che scegliere lui per le “Águias”. Crescendo, il tecnico ritiene che per lui sarebbe meglio svilupparsi in una squadra minore e per questo viene ceduto in prestito al Fafe, squadra di “Segunda Liga”. Questo anno lontano da “casa” gli permette di mettere in mostra ogni qualità possibile, risultando decisivo per il club.
L’ESPLOSIONE – Nel 1991 si tengono in Portogallo i Mondiali Under 20. Rui Costa, nonostante la stagione nella serie minore della nazione, viene convocato. La Seleção arriva in finale contro il Brasile e la sfida viene decisa ai calci di rigore. Manuel è l’ultimo della serie, si presenta sul dischetto e segna: campioni del mondo. Questa esperienza gli vale la conferma nel Benfica, dove rimane per quattro stagioni. Al Fefe veniva chiamato “principino”, ma ora i tifosi iniziano a chiamarlo “o’maestro” per via del suo modo di giocare. Un qualsiasi attaccante con lui alle spalle potrebbe fare trenta gol a stagione, anche il meno freddo sotto porta. Riesce a vedere il movimento del compagno prima che il difensore se ne accorga. Il dribbling e la qualità nel tiro sono poi l’arma in più per diventare uno dei giocatori più importanti della storia lusitana.
L’ITALIA – Per motivi economici il Benfica è costretto a liberarsi di Rui Costa. Nel 1994 si trasferisce alla Fiorentina per 11 miliardi di lire. Qui gioca alle spalle di Batistuta, uno che di gol ne ha sempre fatti molti, ma con il portoghese alle spalle, il bomber argentino inizia ad incrementare il numero di reti. La Viola inizia a volare: due Coppe Italia, una Supercoppa Italiana e il ritorno in Champions League conquistano i tifosi che iniziano a sognare di fronte alle sue giocate. L’ironia della sorte vuole che anche la società di Vittorio Cecchi Gori non se la passi bene a livello monetario e ciò lo porta tra le file del Milan, una squadra che lo ha sempre seguito. Kakà e Rui Costa sono la coppia sulla trequarti che deve aiutare Shevchenko o Inzaghi. L’attacco dei rossoneri è devastante e Manuel inizia a vincere anche in Europa.
L’esperienza milanese porta quel blasone in più ad una carriera che fino a poco prima sarebbe già stata ritenuta eccellente. Rui Costa ha vinto tanto, anche se ha collezionato delusioni difficili da dimenticare (vedi l’Europeo del 2004 o la finale di Champions League del 2005). Le sue qualità migliori, che lo hanno portato nell’olimpo dei giocatori più amati, sono sempre state la fedeltà e la correttezza. Perché oltre all’enorme talento dimostrato in campo, Manuel ha sempre dimostrato amore ad ogni squadra in cui ha giocato e al gioco del calcio. Quando gli hanno chiesto cosa dovrebbe fare un giovane calciatore per diventare come lui rispose: “Comportarsi in campo e nella vita sempre correttamente, avendo anzitutto rispetto per il prossimo. E poi affrontare il calcio con serietà e tenacia”. Una frase che racchiude il suo modo di vedere questo bellissimo sport a cui lui nella vita ha dato molto.