Il mito di Maradona, il pallone come migliore amico, il mare come sfondo e un sogno nel cassetto: quello di giocare nel Napoli. È la descrizione di Fabio Quagliarella, attaccante di Castellamare di Stabia che, nell’estate del 2009, arriva finalmente a esaudire il desiderio di vestire la maglia azzurra.
Appena dopo la firma sul contratto, la chiamata al suo migliore amico, al quale dice: “ho firmato, sto tornando a casa!”. Sembra l’inizio di un idillio; di una storia di quelle belle, da raccontare ai nipoti, di come i sogni, alle volte, possano avverarsi. Purtroppo, però, tra Quagliarella e il lieto fine di questa storia, ci si è messo Raffaele Piccolo; agente della polizia postale il quale, una volta divenuto amico di Fabio, ha iniziato la sua folle opera. Prima spedendogli foto di bambini nudi e lettere nelle quali lo accusava di essere un camorrista, poi facendo recapitare minacce a lui e alla SSC Napoli; minacce che hanno costretto la società partenopea a cedere Quagliarella agli acerrimi nemici della Juventus, senza che il calciatore abbia potuto fare opposizione. Ovviamente, le motivazioni di tale cessione furono tenute nascoste e Fabio fu apostrofato come infame e ingrato. Proprio lui, che di quella città e di quella maglia era innamorato, è stato costretto a sopportare gli insulti e le intimidazioni di quelli che erano stati i suoi tifosi.
Come se non bastasse essere un intruso a casa propria, le minacce seguitavano ad arrivare e l’ignaro Quagliarella continuava ad affidarsi al suo (apparente) amico Raffaele Piccolo, per lo svolgimento delle indagini. Fino a quando, cinque anni dopo, il papà di Fabio ha un’illuminazione e, iniziando a sospettare dell’agente Piccolo, si rivolge ad altri esponenti del corpo, per indagare sulla vicenda.
Finalmente, la verità viene a galla: colui il quale sembrava essere un amico di famiglia era in realtà il burattinaio di quel folle gioco, per il quale l’unico a pagare è stato e sarà Fabio Quagliarella. Già, perché, essendo questo un episodio iniziato cinque anni fa, nonostante la condanna in primo grado per Raffaele Piccolo, le lungaggini processuali della giustizia italiana non produrranno una condanna in secondo grado, prima che intervenga la prescrizione decennale.
Di tutta questa vicenda, dunque, non resterà che il monito, per tutti noi che amiamo il calcio, di prendere le vicende sportive meno seriamente, non dimenticando mai che, dietro gli atleti che alimentano la nostra passione, ci sono dei ragazzi, fragili esattamente come noi; i quali possono, addirittura, vivere drammi che molti di noi non sarebbero nemmeno capaci di sopportare. A Fabio Quagliarella va tutta la stima e l’ammirazione, per aver egregiamente portato questa croce durante cinque lunghissimi anni, e l’augurio di ricevere un’altra chiamata dal Napoli, affinché possa nuovamente vestire quella maglia che non ha mai smesso di amare; con la speranza, che è quasi una certezza, che gli venga concesso di tornare nella sua Napoli senza doversi nascondere o aver timore, ora che il mondo, finalmente, ha scoperto la verità.