Europa League

Si cade ancora nella trappola sintetica: in campo nell’addio di Totti, Hiljemark batte la Roma a 32 anni

Oscar Hiljemark
Oscar Hiljemark, Elfsborg - Foto JÖRGEN JARNBERGER/Bildbyran/Sipa USA

La Roma cade ancora nella trappola sintetica: non c’è il roboante 6-1 di un paio di anni fa contro il Bodo/Glimt in Norvegia, ma spostandosi in Svezia e scendendo in campo sempre contro una piccola squadra giallonera come l’Elfsborg, anch’essa scandinava e che gioca sul campo sintetico, arriva un altro ko, deludente così come la prestazione. Primo tempo orribile e confuso con le seconde linee che non riescono ad approfittare dell’occasione, nella ripresa invece c’è la reazione, ci sono le occasioni e un po’ di sfortuna, ma è sembrata più d’inerzia l’assalto giallorosso e non di convinzione.

Soulé ancora assente e a questo punto vero e proprio caso del mercato, Hermoso fa il compitino, Shomurodov non può essere il vice Dovbyk e Baldanzi, tra i meno negativi in avanti, alla fine combina il pasticcio del rigore sfortunato che di fatto decide la partita. E con un Paredes compassato e un Pisilli timido, Ivan Juric, che incassa la prima sconfitta della sua gestione e con un punto in due partite in Europa League deve mettersi a correre per sistemare le cose nella maxi classifica, da questa partita trae una indicazione chiara, ovvero che per ora serve un blocco di undici giocatori o poco più.

A festeggiare, invece, è Oscar Hiljemark. Se lo ricordano tutti in Serie A, con le maglie tra le altre di Palermo e Genoa, e proprio col Grifone in quel maggio del 2017 era in campo nella partita d’addio di Francesco Totti. Nel frattempo la sua carriera non è decollata ulteriormente e anzi si è chiusa anzitempo, visto che per via dei troppi infortuni ha deciso di ritirarsi poco più che trentenne. E a 32 anni ha esordito in Europa League alla guida dell’Elfsborg e ha battuto una grande come la Roma, una storia da raccontare e un tecnico, a questo punto, da non sottovalutare (lui che peraltro è stato allenato da Juric e lo considera il suo maestro), perché quella vista stasera è una squadra quadrata, consapevole dei propri limiti e delle proprie qualità, e non ancorata a nessuno schema mentale.

Rispetto alla partita contro il Venezia, Juric ne cambia sei. Nel primo tempo della Roma c’è tanto possesso palla (67%), ma poche soluzioni offensive in area. Undici le conclusioni dei giallorossi, tre delle quali di Soulè, ma di fatto la Roma non è mai pericolosa dalle parti di Pettersson nei quarantacinque minuti d’apertura. L’Elfsborg tiene meno palla (109 i passaggi completati contro i 371 della Roma), ma è più concreto. Al 17′ si accendono i fratelli Zeneli: Arber innesca Besfort, che scappa a Ndicka e calcia col destro trovando l’opposizione di Svilar. Il portiere della Roma si ripete al 19′ su un colpo di testa di Henriksson e al 43′ su un tiro al volo del solito Besfort Zeneli, ma in questo caso l’azione parte da un tocco di mano in area di Baldanzi che sfugge all’arbitro Tohver ma non al Var: Baidoo si prende l’incarico del rigore e dagli undici metri non sbaglia.

Per i primi cambi di Ivan Juric bisogna aspettare il 65′: Shomurodov, Abdulhamid e Soulè lasciano il posto a Dovbyk, El Shaarawy e Dybala. La scossa è immediata. El Shaarawy crossa dalla destra, Pisilli calcia a botta sicura a centro area ma Pettersson d’istinto nega il gol al prodotto del vivaio giallorosso. Al 72′ il tecnico romanista si gioca la carta Pellegrini al posto di Baldanzi. Quattro minuti dopo il numero 7 ha la palla dell’1-1: duetta con Dovbyk, si libera nello stretto in area ma calcia sull’esterno della rete. All’83’ Pellegrini ci riprova e aggiusta la mira, ma stavolta è la traversa a negargli la rete. La Roma torna a casa con una sconfitta e vede complicarsi il percorso europeo.

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