Chiamala comfort zone, chiamala abitudine, ma per il Siviglia l’Europa League è qualcosa di speciale. Un legame simbiotico o quasi, visto che per distacco la squadra spagnola ha vinto per sei volte questo trofeo, e a rendere più incredibile il dato statistico esserci riuscito negli ultimi vent’anni, con il cambio di nome del torneo altrimenti prima noto come Coppa Uefa. Un tempo, fagocitata dalle italiane, tra finali derby e vittorie meravigliose. L’ultima, addirittura nel 1999 con quel magico Parma di Malesani, poi in questa coppa appena una finale con l’Inter, nell’anno del Covid. Persa. Contro chi? Col Siviglia, alla sua sesta.
E lo scorso anno gli andalusi non c’erano a giocarsela, ma la finale si giocava proprio al Sanchez Pizjuan. Insomma, l’Europa League nel destino per questo storico club spagnolo, sei finali e sei vittorie, ed è per questo che, considerando che Mou ha sempre vinto le finali europee (escluse le Supercoppe), uno dei due record è destinato a cadere. E dopo aver eliminato la Juventus, è il Siviglia che vuole mantenere l’imbattibilità e rendere meravigliosa una stagione in realtà iniziata malissimo con Lopetegui, esonerato, e poi con Sampaoli, anche lui cacciato dopo qualche settimana.
A raccogliere il testimone, Mendilibar, un allenatore che apprezza il bel gioco, ma che non disdegna di passare per risultatista. E’ lui, esperto e astuto, a guidare un’orchestra abbastanza italiana: già, sono tanti i giocatori del Siviglia con un recente passato in Serie A. Dall’ex giallorosso Lamela che ha eliminato la Juve e non vuole cedere ai sentimentalismi con la Roma all’ex Milan Suso, che ha scaldato l’ambiente citando Dragon Ball e le sette sfere del drago. E poi, il Papu Gomez, una vita all’Atalanta, Ocampos che ha giocato al Milan e al Genoa. Tutti trequartisti pronti a ispirare la vena realizzativa di En-Nesyri. Una squadra forte, con una panchina lunga, esattamente l’opposto della Roma. Che è già avvisata: il Siviglia vuole la settima.