La generazione è la stessa di Italia-Svezia, la sostanza invece è lontanissima nel tempo e nei ricordi. L’Italia di Mancini ha voglia. Si parte da qui per descriverla: la voglia. La voglia di riscatto, di tornare a giocare una competizione internazionale dopo cinque anni, un tempo lunghissimo a causa delusione Mondiali e Covid. Nella gara inaugurale all’Olimpico, sotto gli occhi dell’Europa, la Nazionale azzurra travolge la Turchia con un netto 3-0 firmato Demiral (autogol), Immobile e Insigne. Lo fa dominando il gioco con il 60% del possesso palla, 24 tiri contro i tre avversari, con una pressione alta che soffoca e una costruzione dal basso che accarezza. L’Italia gioca in scioltezza e arriva in porta con una facilità sostanziale, specialmente dopo l’1-0 quando la Turchia è costretta ad affacciarsi con più coraggio. Prima del vantaggio firmato dal’autorete dello juventino, la gara era sostanzialmente impostata sul copione degli uno contro uno nel tentativo di scardinare la difesa arroccata di Soyuncu e compagni. La principale fonte di gioco in quel tratto di gara è Leonardo Spinazzola: un’ira di Dio sulla fascia contro Celik che di fatto non lo vede mai. Berardi propizia l’1-0, Immobile firma il raddoppio dopo il tiro precedente dell’esterno giallorosso, Insigne la chiude su assist del laziale.
Mai in una fase finale dell’Europeo l’Italia aveva segnato tre reti all’esordio. Ad EURO 2000, l’Italia di Dino Zoff si impose 2-1 sui turchi grazie alle reti di Antonio Conte (con una spettacolare sforbiciata) e Filippo Inzaghi (rig.). Quell’Europeo fu magico e ricco di rimpianti. Questo può essere l’occasione per il riscatto a pochi anni dalla delusione Mondiale 2018. Prosegue la difesa la super con una porta inviolata che dura ormai da nove partite. Ma soprattutto arrivano tre reti contro una Turchia che nell’intera fase di qualificazione ne aveva subite tre, appunto. Ma sotto gli occhi del pubblico romano, si torna ai vecchi fasti. Si sogna il 1968 quando l’Italia trionfò in finale a Roma. La finale è a Wembley che a Mancini ricorda la finale della Coppa dei Campioni 1991-1992 con la maglia della Sampdoria. La voglia di riscatto che si mischia al desiderio di fare calcio. L’Italia torna quella che sa sognare e far sognare.