Euro 2020

Come i ragazzi del ’68? Gli azzurri del 2021 vedono l’Europeo (e forse il Pallone d’oro)

Roberto Mancini - fotomenis.it

Cinque partite su sei le abbiamo vinte col gioco. Oggi l’abbiamo vinta da vecchia Italia, nella cornice di un Wembley che non si è stancata della Nazionale azzurra, che ha deciso di darle un nuovo appuntamento con la storia, stavolta nell’ultimo atto. La Nazionale di Mancini scrive un’impresa storica, batte la Spagna ai calci di rigore, vendica la sconfitta del 2008 proprio dal dischetto e si regala il pass per la finalissima contro una tra Danimarca e Inghilterra. Alla fine, nel giro di cinque lunghissimi minuti, decidono le stelle Donnarumma e Jorginho: para il primo, segna il secondo da rigorista ufficiale, da campione d’Europa e da finalista di Euro 2020. L’Europeo è il sogno. Ma forse per quei due c’è margine addirittura per competere per il Pallone d’oro. L’ultimo italiano ad essere arrivato nella top 5 del premio individuale è stato Buffon nel 2017. Sognare si può. Lo dimostra una sfida stellare contro una Spagna che nella sua storia aveva sempre vinto il trofeo dopo aver superato i quarti di finale. Non aveva fatto i conti con l’Italia che raggiunge la quarta finale europea della sua storia e si regala un margine importante per sognare il 1968, Riva, Facchetti, Anastasi e Domenghini.

“Pelea por el balòn”, titolava AS alla vigilia. La battaglia per il possesso non c’è stata (65% contro 35%). Ma l’Italia scrive la storia e lo fa smentendo il funesto precedente che la vede soccombere contro una Spagna schierata col falso nove: 4-0 nella finale del 2012 (la peggior sconfitta della storia in una finale di Euro), 3-0 nel 2017 in quella che fu la partita propedeutica per il disastro di Italia-Svezia. Oggi Luis Enrique schiera Olmo al centro dell’attacco, senza offrire punti di riferimento a Chiellini e Bonucci. La scelta paga: la Spagna domina il campo, a tratti sembra giocare al torello. Ma l’Italia c’è, tiene i reparti a distanza ravvicinata e prova a ripartire sfruttando la profondità. C’è la fortuna e l’imprecisione. Quella di Oyarzabal che grazia gli azzurri almeno in tre occasioni. E c’è anche la letalità di un Federico Chiesa che è sembrato ad un passo dalla sostituzione, prima del 60′ quando il tiro a giro che fa la scuola si infila alle spalle dell’incolpevole Unai Simon. L’Italia sembra avere la gara in pugno ma all’80’ Morata sfrutta l’assist del migliore in campo, Dani Olmo, e firma l’1-1 che trascina il verdetto a supplementari e rigori. La Spagna ha vinto sei volte su dieci ai penalty, l’Italia solamente quattro volte su undici. Almeno fino ad oggi. Con un Donnarumma in più che nega la gioia a Morata, che passa dalla versione Trezeguet del 2000 a quella del 2006 nel giro di mezz’ora. E con un Jorginho che sembra fare le cose con la facilità più estrema, compreso l’ultimo rigore decisivo, rincorsa lenta, portiere da una parte e palla dall’altra. Spagna da una parte e Italia dall’altra. In finale. Gli Azzurri restano imbattuti da 33 partite internazionali. La trentaquattresima può essere la data della storia.

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