“Ero depresso, piangevo senza sapere perché, una sera ho pensato di farla finita”: l’ex attaccante di Serie A lascia tutti senza parole.
La depressione tra i calciatori è più comune di quanto si possa pensare. I tanti soldi che si accumulano in carriera sono sicuramente una cosa da far invidia quasi a tutti, ma i lauti stipendi spesso non bastano a soddisfare una salute mentale troppo precaria.
Le pressioni, le critiche, una privacy sempre invasa, i rapporti sinceri difficili da coltivare e tanto altro mettono a dura prova l’integrità mentale di un calciatore, troppo spesso bersagliato da mille variabili che lo rendono instabile.
E le cose peggiorano una volta che arriva il ritiro, quando appendi gli scarpini al chiodo e tutto quello che hai fatto per una vita intera svanisce da un giorno all’altro. E con una grossa fetta di vita davanti a te non è facile, la maggior parte delle volte non si riesce a colmare questo enorme vuoto.
Ne ha parlato ai microfoni de “La Gazzetta dello Sport” Ernesto Chevanton, ex attaccante uruguaiano amatissimo a Lecce (breve parentesi anche all’Atalanta in Serie A).
Chevanton da brividi: “Ho pensato al suicidio”
Una carriera che lo lega indissolubilmente alla piazza di Lecce. Tre anni dal 2001 al 2004, il ritorno nel 2010 e poi la terza e ultima esperienza nel 2012 diventando il primo giocatore di sempre a firmare un contratto a tempo indeterminato percependo solo il minimo sindacale. Un gesto d’amore rarissimo nel mondo del calcio. Una carriera brillante che però non è bastata a scacciare i fantasmi del post ritiro.
Intervistato da “La Gazzetta dello Sport”, Chevanton ha raccontato la sua vita una volta appesi gli scarpini al chiodo con la depressione che è entrata di prepotenza nelle sue giornate e che gli ha fatto pensare al suicidio.
“Sei mesi dopo aver smesso di giocare, torno a casa e poi… il buio. Piangevo senza sapere perché, volevo solo dormire. Se andavo fuori, sentivo una fitta al petto. Facevo due gradini e dovevo tornare dentro. Le pillole, poi, finivano solo per stordirmi. Nessuno può capire la depressione se non l’ha conosciuta. Avevo bisogno di affetto e chi mi stava vicino non me l’ha dato. Finché una sera sono stato a un passo dal farla finita, per fortuna non è successo”.
Una storia che serve da monito a tutti. Come dice lo stesso Chevanton: “Se ne esce facendosi aiutare da psicologi e specialisti”. E questo messaggio bisogno tenerlo sempre presente.