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All’indomani della sentenza della Corte di Giustizia Europea riguardante il monopolio Uefa e Fifa sulle competizioni calcistiche, Aurelio De Laurentiis – patron del Napoli – rilascia una lunga intervista sulle colonne del Corriere dello Sport. “La posizione dominante di Uefa e Fifa, che oggi l’Europa censura, è servita a elargire bonus in cambio di consenso – dice il presidente del Napoli -. Chi ha governato fin qui da monopolista non ha compreso che il calcio è un’impresa e ha bisogno di fatturati crescenti. Se io investo centinaia di milioni per partecipare a un circo che distribuisce noccioline, non fa utili e mi costringe a giocare sempre di più per tenere in piedi un carrozzone improduttivo, il gioco non vale la candela”.
Progetto di Superlega che va avanti ormai da più di due anni, ma che inizialmente non aveva attratto De Laurentiis: “Lo dissi ad Andrea Agnelli. Mancava un avvicendamento di merito connesso al valore delle singole squadre”. Molti club per il momento hanno già detto no al progetto di A22: “Ma in Italia chi sono i veri imprenditori del calcio? RedBird sta in America. L’Inter non si sa di chi sia. Chi parla a suo nome fa i conti dei bilanci…Vorrei avere il piacere di vedere in Lega Dan Friedkin e suo figlio qualche volta. Li ho incontrati a Los Angeles per parlare di cinema, ma qui non vengono. E nessuno si ribella all’idea balzana di una Supercoppa che neanche gli arabi vorrebbero. La Serie A non è mai stata la Premier, se non negli anni di Berlusconi. Anche perché per decenni la gestione dei dirigenti di Lega è stata fallimentare”.
Il presidente del Napoli ne ha per tutti: “Se penso che Lotito mi crea un danno enorme, vendendo le partite per cinque anni agli stessi interlocutori che forse alla scadenza del contratto non esisteranno più sul mercato. E le vende a un prezzo inferiore dell’ultimo triennio…Il fatto è che non hanno esperienza della creatività dell’audiovisivo. Non sanno come si costruiscono i contenuti su un piano editoriale. Non è il loro mestiere e quindi navigano al buio. Perciò questa svolta è doppiamente importante. A catena molte croste sono destinate a saltare. Nel 1986 c’erano 16 club. Oggi sono 20 e le entrate sono diminuite, anziché aumentare. Finché non si stabilisce che la maggioranza si calcola con il voto ponderale dei club, cioè dando più peso a chi fattura di più, nulla cambierà. Le piccole continueranno a egemonizzare la Lega con una logica sparagnina, perché il loro unico obiettivo è evitare la retrocessione. Questa sentenza ci esorta a cambiare regole”.
E allora De Laurentiis la proposta ce l’ha pronta: “Farei subito una serie E, dove E sta per élite. Sole squadre di città con un numero rilevante di tifosi. Un Palermo che dà garanzie economiche non può fare la trafila dalla serie D. Un Bari che ha un bacino di un milione duecentomila fan non può stare dove sta. Mentre in prima serie ti trovi città di 20mila abitanti che non fanno diecimila biglietti. Allora io dico: alle 7/8 squadre che egemonizzano la classifica, aggiungiamone altre 7 che possono avere le stesse ambizioni. E chiudiamo a 14 posti nella serie d’élite. Poi due gironi di Serie A da 20 squadre. E il resto è dilettantismo, che funga da vivaio”. Una lega chiusa, stile NBA: “Come il basket in America. Che ha i palazzetti strapieni. Vai a vedere i Lakers e non riesci a trovare un biglietto. Poi chiediti quanto incassano. E qualcuno obietta che il senso agonistico verrebbe a mancare. Non è vero niente”. Ma se sopra la serie Élite nasce un campionato europeo, il Napoli è sicuro di starci dentro? “Quando sono arrivato, il Napoli era al 550° posto. Oggi è tra le prime 15 squadre al mondo”.
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