Calcio

Da Trajkovski all’umiliazione di Berlino: due anni orribili per una Nazionale indecorosa

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Italia delusione - Foto Domenico Cippitelli/IPA Sport

Se il prezzo da pagare per aver vinto un Europeo con un successo ai supplementari e due decisivi ai rigori tra semifinale e finale è questo, allora forse sarebbe stato meglio non aver aperto un conto con la fortuna. Dopo l’exploit inaspettato di tre anni fa, quando la Nazionale è riuscita, grazie all’innegabile capacità di Roberto Mancini di creare un gruppo solido e affiatato, e di trovare l’abito giusto per i suoi convocati, nel giro di due anni e mezzo per l’Italia sono arrivate una serie di delusioni che fanno tremare i polsi. Tutto è cominciato e finito con la Svizzera: pochi mesi dopo il trionfo di Wembley, siamo stati fermati dagli elvetici con due pareggi beffardi perché in entrambe le sfide Jorginho ha avuto sui piedi il rigore della vittoria, facendosi ipnotizzare da Sommer. Ed è lì che è cominciato il calvario: per non mancare il secondo Mondiale di fila siamo dovuti passare dalle forche caudine degli spareggi, e prima ancora di farci eliminare dal Portogallo abbiamo preferito farci da parte nella tragica notte di Palermo, col gol nel recupero di Trajkovski che ci ha costretto al secondo boccone amaro di fila, guardando anche Qatar 2022 da tifosi neutrali dopo Russia 2018.

Mancini non si è dimesso, Gravina nemmeno, entrambi forti della vittoria dell’Europeo di un anno prima. Un credito innegabile, ma una cambiale in scadenza che non è mai stata riscattata da qui in avanti. In Nations League abbiamo vinto il girone, volando in Final Four, persa però contro la Spagna con un terzo posto che ha comunque dato dimostrazione che la base per ripartire c’era eccome. Poco prima, abbiamo però perso la cosiddetta Finalissima, la sfida tra campioni continentali con l’Argentina: un secco 3-0 e tutti a casa. Poi, sotto Ferragosto, l’improvviso cambio di guida tecnica: da Roberto Mancini a Luciano Spalletti, una scelta nell’ambito della discontinuità più totale. Che finora non ha pagato: con Spalletti ci siamo qualificati agli Europei rischiando il sorpasso per mano dell’Ucraina con quel rigore non visto da arbitro e Var, Gil Manzano ed Hernandez Hernandez, che a Euro 2024 per punizione hanno arbitrato una sola partita venendo poi rispediti a casa. E nelle amichevoli tra marzo e giugno, zero gioco, molta confusione: tattica, perché abbiamo visto la Nazionale con tutti i moduli possibili e immaginabili (è mancato solo il 5-5-5 di Oronzo Canà), tecnica, tra convocati chiamati e poi spariti, e giocatori fuori ruolo, altri lasciati a casa ma reduci da una grande stagione, e comunicativa infine, perché Spalletti per giustificare sconfitte e fortunosi pareggi ha parlato persino della temperatura atmosferica. Ha avuto meno di un anno, ma non ha inciso: anzi, ha inciso in negativo fin qui. Se rimarrà il ct della Nazionale, e se Gravina resterà in sella alla Figc dopo questo ennesimo fallimento, servirà un immediato cambio di passo, sotto ogni aspetto. Anche perché, oltre alla Nations League, a breve inizierà anche il cammino per i prossimi Mondiali, non esserci nemmeno nel 2026 sarebbe una ferita insanabile per il calcio italiano.

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