Una finale che ricorderemo quella tra Napoli e Juventus per l’epilogo ai rigori, ma anche la cornice ha fatto la sua figura. Anche se si poteva dare di più: a partire da Sergio Sylvestre che, visibilmente emozionato, ha totalmente steccato l’esecuzione dell’Inno di Mameli. Una cornice atipica ha accompagnato tutto lo svolgimento della contesta: le coreografie digitali provano a sopperire al calore dei tifosi, ma tutto passa in secondo piano sin dal calcio d’inizio, quando l’atmosfera inizia ad essere pervasa dalle voci di Sarri, Gattuso e Buffon e dal rumore del pallone. Calcisticamente non si è visto troppo, perfettamente in linea con le due semifinali: ogni tanto c’è qualche spunto estemporaneo, ma i ritmi sono davvero bassi. Manca nei giocatori il fattore aggressività, manca l’urlo delle rispettive tifoserie, manca ciò che porta a spingere ben oltre il limite e le possibilità.
Nel primo tempo la partita scivola via tra la grande accortezza del Napoli e le difficoltà in fase di manovra della squadra di Sarri. Gli azzurri recriminano un contatto tra Alex Sandro e Mario Rui in area bianconera: contatto tuttavia troppo timido da scaturire qualcosa di rilevante. Pochi spunti palla a terra, non a caso la palla gol più lampante è su punizione: Insigne indirizza la sfera sul palo esterno alla destra di Buffon, che ha dato comunque l’impressione di poterci arrivare. Tanti errori in fase di disimpegno da parte della difesa di Gattuso: di uno approfitta Dybala, ma Meret in uscita bassa anticipa Ronaldo sul filtrante dell’argentino. Nel finale, più di un brivido per la Vecchia Signora: sempre Insigne impegna dapprima Alex Sandro al salvataggio sulla linea e poi chiama Buffon al volo plastico. Nel mezzo, Demme arriva a tu per tu col portiere bianconero, che devia in angolo. terzo anno consecutivo in cui i primi 45’ dell’ultimo atto della coppa nazionale si concludono con questo risultato. Più Napoli che Juve.
E’ il terzo anno consecutivo in cui i primi 45’ dell’ultimo atto della coppa nazionale si concludono a reti bianche: nei due atti precedenti la Juve si era scatenata nel secondo tempo contro il Milan, mentre la Lazio l’aveva risolta nel finale contro l’Atalanta. La Vecchia Signora non ha tuttavia lo sprint di due anni fa, con il leitmotiv che non cambia nella ripresa: i bianconeri che fanno davvero ad imbastire un’azione pulita e degna del calcio di Sarri. E’ sempre il ragazzo di 42 anni infatti a sporcarsi le mani su una botta di Politano dai sedici metri. E’ lo stesso ex Inter pochi secondi più tardi a fare velo a Milik che, sprecando un rigore in movimento spara alto sopra la traversa col piede debole. Politano compare anche nella terza occasione partenopea, convergendo al centro e andando da Insigne: il capitano controlla, ma non inquadra lo specchio da buona posizione.
Niente da fare: il Napoli ha creato di più, ma troppo poco per poter stabilire se meritasse il trofeo all’interno dei 90 minuti. Perlomento, questo si pensava a 90 secondi dalla fine. Politano batte un calcio d’angolo e pesca Maksimovic: incornata del serbo, Buffon in qualche modo respinge. Elmas riesce a colpire nel mezzo della mischia, ma il suo tiro deviato si infrange sul palo. Si va ai rigori, che sanno un po’ di beffa per gli uomini di Gattuso, che dovranno soffrire ancora un po’ per raggiungere l’agognato traguardo: da una parte mancano Mertens e Fabian, dall’altra Pjanic. Dybala sbaglia un rigore che ricorda sinistramente quello sbagliato a Doha contro Donnarumma, un segno che fa già intravedere l’epilogo. Insigne non sbaglia, Danilo spara in tribuna, Buffon non riesce a bloccare il penalty di Politano. Bonucci e Maksimovic non sbagliano, così come Ramsey e come Arkadiusz Milik, l’uomo che mette tutto nero su bianco: Gennaro Gattuso viene portato in trionfo, un trionfo che ha come dedica una e una sola persona preziosa e speciale.