La rivoluzione è avviata, e avrà conseguenze drastiche nel volgere di pochi anni. Il colosso che (non) dorme è sceso in campo all’improvviso e l’effetto è già simile a un terremoto. La Cina sconvolge il mercato del calcio ma la sensazione nitida è che si sia di fronte soltanto a un incipit, seppure scritto con decine di milioni di euro sonanti.
Nella sessione invernale i club del colosso asiatico hanno messo mano al portafogli per circa 250 milioni, più di qualsiasi altro campionato europeo. L’Italia, per intenderci, si è fermata a 85 milioni, senza entrare nel merito delle formule di pagamento diluite negli anni. Dalla Cina, invece, il cash è sonante e l’opportunità per i calciatori allettante a livello di ingaggi (altissimi). I nomi più illustri sbarcati a Pechino e dintorni? In primis Alex Texeira, dello Shaktar Donetsk, capace di dire “no” al fascino del Liverpool per accasarsi allo Jiangsu Suning. Costo dell’operazione: 50 milioni. Il club di Nanchino non si è fermato qui, soffiando al Chelsea il rubapalloni Ramires per 32 milioni. Jackson Martinez, dopo soli sei mesi alla corte di Diego Pablo Simeone a Madrid sponda Atletico, è volato al Guangzhou Evergrande che fu di Lippi per 42 milioni, consentendo addirittura ai Colchoneros una plusvalenza dopo l’ingente investimento della scorsa estate. E poi nomi illustri della Serie A: Gervinho, rivalutato all’improvviso quasi 20 milioni, e Guarin, che lo Shanghai Shenhua ha strappato all’Inter per 13. Nella megalopoli cinese stanno facendo il diavolo a quattro per assicurarsi anche Ezequiel Lavezzi, offrendogli ben 10 milioni di euro all’anno.
La finestra di trasferimenti di gennaio ha cambiato la geopolitica economica di uno sport ancorato a tradizioni ormai più immaginarie che reali. L’Europa non è più il centro del mondo, o meglio lo è ancora per livello tecnico, non certo per potenza economica. Negli ultimi dieci anni avevamo già assistito all’ascesa prepotente di nuovi mercati: la Russia, che tenta di elevare il proprio campionato ma non è andata oltre qualche colpo di medio livello (Hulk, Witsel), e sulla stessa falsariga l’Ucraina (vedi l’opulento Shaktar Donetsk); poi Emirati Arabi e Qatar, in grado di ricoprire d’oro giocatori e allenatori a fine carriera o in cerca di una ricca seconda chance, ma senza velleità di creare una lega realmente competitiva. In entrambi i casi, però, il fine ultimo è rendere il calcio un prodotto commercialmente più appetibile in vista di grandi appuntamenti mediatici, vedi i Mondiali del 2018 in Russia e del 2022 in Qatar. Gli Stati Uniti meritano un discorso a parte: nel Nuovo continente si tenta di lanciare il soccer fin dagli anni Settanta (dai tempi di Pelè ai Cosmos), e la base di praticanti è ampia e di buon livello. La Mls è in costante crescita ma avrà bisogno di parecchi anni per adeguarsi al livello dei campionati europei.
La Cina, invece, proprio come in altri settori economici, progetta una “guerra-lampo”: infinite quantità di denaro da investire per portare all’interno dei propri confini giocatori di richiamo. Il traguardo è creare il campionato più competitivo al mondo. La vecchia Europa (soprattutto l’Italia), ancorata a un modello di football che non esiste più, tende a sottovalutare gli effetti dell’escalation calcistica cinese sul medio periodo. Eppure, gli esempi in settori come piccola impresa e ristorazione dovrebbero essere abbastanza eloquenti. Il Paese asiatico gode di una new economy frutto di un mix tra pubblico e privato che dispone di ingenti quantità di risorse ed è fedele alle direttive dello Stato centrale. Il presidente Xi Jinping appoggia fortemente l’avventura nel mondo del calcio, ecco perché non sono soltanto i soldi dei diritti televisivi che pioveranno sulla Premier League inglese a dover fare drizzare le antenne ai club di casa nostra.
In una sola sessione di mercato, club prima sconosciuti hanno ingaggiato giocatori di primissima fascia. Certo, l’effetto è duplice: da una parte impoverimento tecnico dei campionati europei, dall’altra ingresso di liquidità in un periodo, quello di gennaio, in cui da noi vige la consuetudine del prestito con diritto di riscatto. Inter e Roma, ad esempio, ne hanno tratto giovamento. Forse, però, soltanto in apparenza. Perché al di là delle necessità di bilancio, l’ombra che si allunga dalla Cina può sparigliare ogni certezza del mondo del pallone. L’estate definirà meglio i contorni del fenomeno, ma è probabile che Shanghai Shenhua e Guangzhou Evergrande saranno presenti sui titoli di quotidiani e siti web quanto Arsenal e Real Madrid.