[the_ad id=”445341″]
Il Napoli è una grande squadra con un progetto intelligente. Da anni. Ma da questa stagione ancor di più. E non è soltanto per la vittoria dello scudetto, che a breve sarà ufficiale; è un progetto intelligente per il tipo di giocatori acquistati (o valorizzati) e conseguente impostazione tattica da calcio moderno. È proprio oggi che, paradossalmente, si devono fare i complimenti al Napoli.
Facciamo ordine, partendo dalla fine. Il Napoli è stato eliminato in Champions League, dal Milan, nei quarti di finale. Una doppia sfida equilibrata, durante la quale i rossoneri sono stati più cinici e abili tatticamente. Spalletti ha dovuto affrontare l’unica altra squadra in Italia (forse insieme alla recente versione della Fiorentina) che può reggere atleticamente e tatticamente il Napoli. Non è un caso che tre sfide siano state equilibrate e una dominata dal Milan. In Italia non esistono altri centrocampisti come Bennacer (attenzione, non stiamo dicendo che sia il più forte mediano in A, bensì che sia il più adatto a dar fastidio a Lobotka per caratteristiche). Stesso discorso prettamente tattico si può fare con Calabria, abile a limitare per quanto possibile Kvaratskhelia (giocatore sontuoso nonostante la poca precisione nei quarti di finale).
Torniamo ora indietro nel tempo, all’inizio di questa stagione. Fuori Mertens, Insigne, Ruiz, Ounas. Giocatori tecnicamente strepitosi ma non adatti al calcio che volevano impostare Spalletti e Giuntoli. Alcuni in calo fisico, altri mentale, altri ancora non esplosivi o poco propensi alla doppia fase. Come ha dimostrato Leao, la doppia fase, soprattutto in certe partite, la devono fare tutti. Nessuno escluso.
Dentro Kim, Kvara, Raspadori, Simeone, oltre alla conferma di Anguissa. Ovvero tecnica, esplosività, velocità, personalità. Giocatori, ci ripetiamo, da calcio moderno. In questo Giuntoli ha seguito la strada di Massara e Maldini: sostenibilità, scouting, acquisti mirati e adatti a giocare in Italia e in Europa.
In molte griglie (ma non per noi) il Napoli veniva inserito addirittura fuori dai primi quattro posti. Si è parlato tanto della grande stagione degli uomini di Spalletti. Tatticamente, fisicamente e tecnicamente non ha senso aggiungere nulla.
Ciò che invece ha colpito, al netto dell’inesperienza nell’affrontare una doppia sfida del genere (non che al Milan ci fossero tanti calciatori esperti, ma gente come Giroud e Theo, reduci da una finale mondiale, hanno sicuramente vissuto tensioni maggiori), è il modo di stare di campo. Di protestare, si, quando lo hanno ritenuto giusto, ma anche di essere estremamente sportivi. Poteva essere una doppia sfida di risse continue. Invece le due squadre sono state corrette, nonostante l’agonismo fosse all’ennesima potenza. Ed è più difficile farlo per chi perde: Osimhen, Kvara e compagni hanno saputo perdere. E non è per nulla banale. I giocatori hanno saputo perdere perché conoscono la propria forza, perché hanno riconosciuto quella dell’avversario. Hanno saputo ignorare anche molto di ciò che arrivava dall’esterno, che poteva incattivire il match. Inesperienza in campo, si, ma grande maturità umana e sportività. Ed è così che si costruisce un gruppo vincente. Imparando a perdere, soprattutto in una stagione in cui, di fatto, non avevano mai conosciuto la sconfitta.
Certo, non sarà semplice trattenere Osimhen e Kvara, per riprovarci l’anno prossimo. Ma il Napoli ha creato una base solida sotto tutti i punti di vista. E dovessero partire i due big (a cifre astronomiche, ovviamente) vi sarebbe spazio per una rivoluzione che potrebbe comportare tanti innesti di valore. Non due, molti di più. Per questo, però, è troppo presto per parlare.
L’unica certezza, oggi, è la grandezza di questo Napoli. Nonostante la sconfitta. In ogni aspetto. E in particolare nell’essere uomini, ancor prima che calciatori. Una lezione che soprattutto i tifosi (non solo del Napoli, bensì di tutte le squadre) dovrebbero imparare.
[the_ad id=”1049643″]
[the_ad id=”668943″]
[the_ad id=”676180″]