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La Juventus affonda ancora, lo fa in Champions dove dopo aver perso “bene” con il Psg, perde male, malissimo contro il Benfica, in casa in quella che era la partita da vincere a tutti i costi per non rischiare troppo in chiave secondo posto. Zero punti nel girone, la sensazione che le idee siano poche e poco chiare, oltre a quella che la squadra segua sempre meno l’allenatore. E’ un’idea che emerge con prepotenza dalla sconfitta con i lusitani, che chiude un quartetto da horror per i bianconeri, battuti come detto dai francesi e reduci anche da due pareggi in campionato, uno risicato con la Fiorentina, l’altro viziato da un grave errore arbitrale con la Salernitana, ma era pur sempre una partita da non dover vincere al 94′. A questo punto, la stagione prende una piega davvero pericolosa, perché questa squadra sta faticando oltremodo. E gli infortuni non sono un alibi, perché la rosa ora ha alternative. Leggi alla voce Milik, che viene schierato sempre e comunque da titolare: segna ancora, ma doveva essere l’alternativa a partita in corso per fare il salto di qualità. E invece, l’alternativa anche quest’anno è il Kean arruffone e paradossalmente il più vicino al gol con il palo casuale nel secondo tempo.
La debacle con i portoghesi mette a nudo tutti i problemi di una Juve che proprio stasera era chiamata a reagire e a dimostrare di essere grande. Macché: solito primo tempo positivo come spesso visto e in inversione di tendenza rispetto alle ultime uscite, vantaggio su palla inattiva (solo quattro gol in stagione non sono stati realizzati da sviluppo da fermo), poi il solito rigore concesso e assegnato col Var (stavolta perfettamente funzionante), quindi il gol subito nel secondo tempo a freddo e l’incapacità di reagire costruendo. Lanci nel vuoto, palle perse, Di Maria che entra ma non può incidere nel mare di confusione che pervade l’undici di casa, mentre il Benfica gioca con ordine, soffre pochissimo, riparte e spreca persino tanto, con Perin al solito migliore in campo. E’ il de profundis della Juve di Allegri, che ora è realmente a rischio esonero. Lo stipendio importante può salvarlo, ed ha esperienza e abilità per invertire in extremis la rotta, ma non è questa la strada giusta. E la dirigenza lo sa.
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