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Sabato uno ottobre, ore 19.55: l’Inter subisce l’ennesima rimonta della stagione, perde in casa contro la Roma e colleziona la quarta sconfitta in otto partite di campionato. L’aria è tesa, il vaso sembra colmo: i tifosi sui social chiedono a gran voce l’esonero di Simone Inzaghi. Martedì, solamente tre giorni dopo, a San Siro arriva il Barcellona. C’è chi dice che sia l’ultima spiaggia, o forse la penultima prima della trasferta di Reggio Emilia contro il Sassuolo. In quella serata però la risposta della squadra è chiara e netta: una partita vecchio stampo, di cuore e sacrificio, di sofferenza e sudore. E poi una perla di Hakan Calhanoglu.
In quella sera i nerazzurri hanno gettato le basi per un passaggio del turno in Champions League che, a detta di molti, sembrava pura utopia. E invece, otto giorni dopo, l’Inter gioca un’altra meravigliosa partita, stavolta nell’inferno del Camp Nou, strappa un 3-3 che vale come una vittoria. I nerazzurri sono padroni del proprio destino, nel mentre Inzaghi torna a correre anche in campionato: le vittorie contro Sassuolo, Salernitana e Fiorentina accorciano la classifica in avanti, a -3 dalla zona Champions League, obiettivo imprescindibile. La partita contro il Viktoria Plzen è un esame superato a pieni voti: i nerazzurri chiudono il discorso ottavi di finale con una giornata di anticipo, proprio come un anno, ma stavolta in un girone di ferro.
E Simone Inzaghi entra nuovamente tra le prime sedici squadre d’Europa. Prima di lui sia Luciano Spalletti che Antonio Conte (addirittura per ben due volte) avevano fallito questo obiettivo. Il tecnico piacentino, che già aveva superato una volta i gironi con la Lazio, fa dunque tre su tre e si conferma uomo di Coppa. In venticinque giorni si è ripreso l’Inter, ha centrato il primo grande obiettivo stagionale e adesso prova la rincorsa in campionato.
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