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E’ una notte amara per il calcio italiano, che in due ore perde due delle proprie protagoniste in Champions League. Inter e Napoli non ce la fanno, proprio all’ultimo respiro e dopo un ottimo cammino nei gironi, e retrocedono ai sedicesimi di finale di Europa League tra mille rimpianti. Avanzano Liverpool (che batte proprio gli azzurri per 1-0, l’unico risultato negativo di misura che non andava bene ai partenopei) e Tottenham (1-1 al Camp Nou che sommato all’1-1 dei nerazzurri manda gli Spurs in paradiso), l’Italia ferma così la Brexit anziché accelerarla. Delusione, rammarichi e quant’altro: poteva essere un poker agli ottavi, il Bel Paese si ritrova in mano soltanto una coppia e per una notte è costretto a passare la mano.
LA TORTA SENZA LA CILIEGINA – Il Napoli aveva il destino nelle proprie mani. Bastava evitare la sconfitta ad Anfield Road contro un Liverpool che si annunciava come scatenato davanti ai propri tifosi, ma non per questo improvvisamente invulnerabile dietro. E così infatti è: la partita scorre su ritmi di equilibrio e le occasioni arrivano da una parte e dall’altra. Salah, però, complice un mezzo errore di Ospina che non si aspettava un tiro cross del genere da parte dell’egiziano, indirizza la partita sui binari dei Reds e per la squadra di Ancelotti la montagna da scalare diventa sempre più ripida. Nel finale sono troppe le palle gol sprecate dagli azzurri, manifesto programmatico di un Napoli europeo che, come ha detto il proprio allenatore, ha sfornato la torta in tre mesi dopo un avvio shock al Marakana, ma non ha saputo mettere mai la ciliegina. Non lo ha fatto al Parco dei Principi, quando Di Maria al 92′ aveva salvato il Psg, non lo ha fatto al ritorno contro la Stella Rossa, con il gol della bandiera dei serbi che è costato carissimo ai partenopei, fuori dalla Champions solo per la differenza reti, evoluzione in negativo della sfortuna nera che li estromise nel 2013 soltanto per gli scontri diretti. Un vero peccato, una somma di rimpianti da trasformare in rabbia nella competizione meno importante che per necessità diventa fondamentale in questa stagione.
LA TESTA E LE GAMBE AL CAMP NOU – L’Inter, non va nascosto, ha giocato consapevole di non avere il destino nelle proprie mani, ma piuttosto in quelle di un Barcellona già qualificato come prima e già col pensiero alla Liga (e Messi in panchina). La testa dei nerazzurri, però, si è rivolta fin da subito alle notizie dal Camp Nou, che peraltro grazie a Dembelè, tornato calciatore sopra la media in campo dopo alcune settimane nel mirino per le sue abilità di videogiocatore, erano positive. Lozano, però, dopo aver fatto piangere la Germania ai mondiali prova a giocare un brutto scherzo alla squadra di Spalletti, che passa in svantaggio come il Tottenham. E’ a questo punto che doveva arrivare la reazione di una squadra che in questa competizione è sempre andata sotto, due volte vincendo in rimonta, una pareggiando e due perdendo. Stasera contava solo ribaltare il passivo, e Icardi (unico a non mollare mai) posa il primo mattone. Nessuno può immaginare che, purtroppo, è l’unico di una serata poco stabile per la costruzione nerazzurra, che crolla, psicologicamente, una volta arrivata la notizia del pareggio di Lucas Moura in terra catalana. Con due pareggi la situazione si fa di nuovo tetra per l’Inter, che con generosità si getta in attacco ma senza graffiare. Arriva così un pareggio che fa più male della peggiore delle sconfitte: la disillusione di agosto per un girone che si annunciava di ferro, l’illusione a ottobre, quando tutto sembrava già fatto in chiave ottavi, poi la debacle tra novembre e dicembre che dipinge con contorni di amarezza la gioia di inizio stagione per il ritorno in Champions. Adesso l’Europa League, una competizione comunque alla portata e che diventa nuovo obbiettivo per il 2019.