“Quando ho iniziato non ero così. Avevo un sistema che ho imparato al Milan da Arrigo Sacchi. Era il 4-4-2. E per questo ho rifiutato Roberto Baggio al Parma perché voleva giocare da numero 10. Ho detto: ‘No, non gioco con il 10’. All’epoca era uno dei migliori del mondo e l’ho rifiutato perché volevo giocare con due attaccanti… È stato un errore”. Lo ha detto l’allenatore del Real Madrid, Carlo Ancelotti in un’intervista al ‘Times’ a pochi giorni dalla finale contro il Borussia Dortmund in Champions League. Poi ricorda: “Ho provato a cambiare idea quando sono andato alla Juventus. Avevo Zidane ed era il numero 10. Lo devo mettere a destra o a sinistra? Impossibile. Da lì ho sempre tenuto conto delle caratteristiche dei giocatori per costruire il modulo”. “Avere una sola identità della propria squadra è un limite – spiega ancora – Giocavamo in Champions contro lo Shakhtar Donetsk di Roberto De Zerbi, un’ottima squadra. Quello che stava facendo con i terzini e in diverse posizioni, era davvero buono. Ma ho detto ai miei ‘vogliono che li pressiamo, non fatelo, è quello che cercano. Non pressateli e ci daranno la palla’. Non abbiamo pressato e abbiamo vinto 5-0″. La calma è stata sempre una qualità di Ancelotti. “Più urli, meno ti danno retta”. “Il punto chiave è che ho molta passione, ma non sono ossessionato – aggiunge – Non sono ossessionato dal mio lavoro. Non lo sono mai stato, non riguardo al calcio. Mi è piaciuto molto, da giocatore, da allenatore, ma non divento matto. Sono calmo. È strano perché prima della partita di solito sono molto nervoso”.
Carlo Ancelotti al ‘Times’: “Più urli e meno i giocatori ti danno retta”
Carlo Ancelotti, Real Madrid - Foto Will Palmer SPP