Tanti di quei tifosi che oggi festeggiano a Istanbul la prima Champions League del Manchester City, ventuno anni fa salivano le scale di Maine Road per celebrare la promozione in Premier League. Da quel momento tutto in discesa. Il nuovo stadio – l’attuale Etihad -, la nuova ricca proprietà, ma soprattutto Pep Guardiola. La vittoria in finale di Champions League contro l’Inter permette ai Citizens di imporsi come la 23esima squadra a vincere la Coppa dei Campioni, la prima new entry nell’albo d’oro più ambito dal 2012 (quando fu il Chelsea a vincerla). Si tratta della seconda vittoria europea del club, a 53 anni dal trionfo in Coppa delle Coppe. Merito di un percorso (lungo a dire il vero) di investimenti e di proposta di gioco che porta la firma indelebile di Pep Guardiola, vincitore con il Barcellona nel 2009 e nel 2011, ma allo stesso tempo tanto diverso da quello del Tiki-Taka blaugrana. Il suo City oggi è altro, ma è ancora in modo diverso espressione massima di ricerca e sperimentazione. A Istanbul Pep diventa così il sesto allenatore ad alzare la Coppa dei Campioni con due squadre diverse dopo Ernst Happel (Feyenoord 1970, Amburgo 1983), Ottmar Hitzfeld (Borussia Dortmund 1997, Bayern 2001), José Mourinho (Porto 2004, Inter 2010), Jupp Heynckes (Real Madrid 1998, Bayern 2013) e Carlo Ancelotti (Milan 2003, 2007, Real Madrid 2014, 2022).
Non è la Champions però a dare l’immortalità sportiva, bensì il modo in cui si arriva a vincerla e il City di Pep è probabilmente destinato ad entrare nella leggenda. L’arrivo di Haaland ha permesso a Guardiola di plasmare un City diverso al passato, puntando su quelle caratteristiche che con Aguero mancavano. La sua squadra resta un meccanismo indecifrabile, tra ritmi altissimi, giochi di posizione e principi di gioco che sanno convivere con la libertà decisionale degli interpreti. Ma oggi è una creatura ancora più letale e determinata nei grandi palcoscenici. La prestazione offerta contro il Real Madri d è stata forse – più della finale – il manifesto di un ciclo. E la vittoria contro l’Inter è stata l’ultimo capitolo di un Treble storico, il decimo della storia, il secondo in Inghilterra dopo lo United. Nella strada verso la FA Cup il City ha segnato 18 gol e ne ha subìto uno solo in finale contro lo United. In Premier ha vinto con miglior attacco e miglior difesa, proprio come in Champions. Non è solo un capolavoro, è il segno dell’immortalità sportiva.