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“Quando mi hanno chiamato per dirmi che la Juventus stava cercando di fargli fare l’esame di italiano, mi hanno dovuto spiegare chi fosse Suarez. Nella mia famiglia sono tutti juventini, io non guardo le partite“. Sono queste le parole di Giuliana Grego Bolli, ex rettrice dell’Università di Perugia, tornata sul caso Luis Suarez. La rettrice, all’interno di un’intervista rilasciata a Repubblica, ha provato a giustificare l’accaduto: “Ho pensato che fosse un buona opportunità per rilanciare la visibilità del mio Ateneo“, ha affermato Grego Bolli, assicurando che il club bianconero non l’ha “mai contatta”.
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“Ci parlava il direttore generale Simone Olivieri, a cui ho affidato l’organizzazione”, ha aggiunto. L’ex rettrice ha poi giustificato la scelta di anticipare la sessione di esame: “E’ stata parte dell’operazione di promozione dell’Ateneo ed è legittimo istituire una sessione aggiuntiva. L’avrei fatto anche se il candidato non si fosse chiamato Suarez. Inoltre mettere l’esame il 17 serviva a evitare i rischi di assembramento dovuti alla presenza di un calciatore così famoso. Il 22 ci sarebbero stati altri 40 candidati a sostenere l’esame di lingua e i test di ingresso per i corsi di laurea. E’ stata una mossa giusta, la rivendico”,
Per quanto riguarda l’esame in sé, Giuliana Grego Bolli sottolinea di non aver avuto “alcun ruolo nella preparazione né dell’esame, né del certificato di prova superata” e aggiunge: “Il B1 richiede una capacità di farsi capire a livello medio-basso. Essendo ispanofono, Suarez era facilitato. Durante la pandemia l’esame di B1 si tiene solo in forma orale e dura circa 12 minuti. A queste condizioni risulta più accessibile. Avendo studiato, Suarez poteva superare un B1. Però io non l’ho mai sentito parlare”.
Passando poi alle intercettazioni ha spiegato: “Non potevo sentire cosa si dicevano al telefono i miei collaboratori. Di sicuro c’è stata una sovrabbondanza di chiacchiere, un’euforia dovuta in parte alla legittima voglia di promuovere l’Ateneo e in parte alla fede calcistica. Spina e Olivieri sono juventini. C’era un clima da stadio. Non ma mai avuto la sensazione che l’intero Ateneo si sia messo a disposizione, né pressioni di alcun genere. A me di Suarez non importava niente. La foto dopo il test? Ero lì perché mio nipote mi aveva chiesto di portagli l’autografo”. L’ex rettrice si è poi riferita a coloro che ritengono che lei abbia agito in cattiva fede: “Mi ferisce la cattiveria di chi ha pensato che volessi favorire un ricco, cosa proprio contraria ai miei principi”. Su ciò che non rifarebbe ha poi concluso: “Non mi riavvicinerei al mondo del calcio. Se ritornasse un Suarez a chiedere di fare l’esame, direi di no. Non per Suarez, ma per il clamore che si porta dietro il calcio. Adesso ho paura di tutto“.