Un’indagine indipendente portata avanti dall’ex procuratore generale degli Stati Uniti Sally Yates e dallo studio legale King & Spalding rivela una realtà spaventosa nel calcio femminile a stelle e strisce, denunciando una serie di comportamenti intimidatori e di abusi a carico delle giocatrici. Una vera e propria “pratica sistemica”, come è stata definita nel rapporto, in cui si parla di “commenti a sfondo sessuale, avances, contatti indesiderati e rapporti sessuali forzati” all’interno della North American League (NWSL) e anche in strutture dedicate a giovani giocatrici.
Non casi isolati, quindi, ma situazioni che hanno coinvolto più squadre, dirigenti e giocatrici. L’indagine ha preso vita un anno fa, su iniziativa della presidentessa della federazione (USFF) Parlow Cone, sulla scia delle accuse di violenza sessuale di due giocatori contro l’allenatore inglese Paul Riley, il quale venne licenziato dal North Carolina Courage. Un altro caso aveva riguardato Richie Burke, che dirigeva il Washington Spirit, licenziato dopo un’indagine per abusi verbali e molestie morali. Ora, la stessa Federazione parla di “risultati strazianti e profondamente inquietanti”, assicurando però l’impegno “a fare tutto ciò che è in suo potere per garantire che tutti i giocatori – a tutti i livelli – abbiano un luogo rispettoso per imparare, crescere e competere”.
All’epoca del caso Riley, due campionesse del team USA come Megan Rapinoe e Alex Morgan avevano accusato la Federazione di immobilismo e inerzia, e anche l’indagine ha sottolineato che tutti gli organi governativi, e anche i club, “non hanno reagito in modo appropriato in diverse occasioni di fronte alle lamentele delle giocatrici, a sostegno delle prove”. Il rapporto finale dell’indagine, di 172 pagine, contiene le interviste effettuate a oltre 200 atlete, le quali hanno fornito i dettagli sugli abusi da parte di allenatori, manipolazioni, bullismo e ritorsioni.