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Ronaldo, presidente del Valladolid, dedica una lettera aperta agli abbonati e a tutti gli addetti ai lavori del club spagnolo. “Per settimane ho pensato a come contattarvi in questo momento così delicato di confinamento e brutte notizie – ha rivelato il massimo azionista -. Alla fine ho deciso di inviare questa lettera, con la quale farvi sentire il mio affetto. Da casa mia alla vostra. Dalla mia famiglia alla vostra. Siamo separati da una distanza fisica, ma sono convinti che mai siamo stati così vicini come con l’empatia che ci unisce ora. Lo spirito collettivo, la responsabilità, l’umanità. Restiamo a casa per noi stessi e per i nostri cari, per tutti che non conosciamo e per coloro che vediamo sempre. Ci aiutiamo l’un l’altro, con solidarietà. E ora dobbiamo resistere”.
“Il calcio mi ha insegnato molte cose – ha proseguito Ronaldo sul suo passato -. Quando ho subito il primo e più grave infortunio al ginocchio, c’erano persone che mi dicevano che non avrei mai più giocato o addirittura che non sarei più riuscito a camminare. A me sembrava che mi stessero togliendo la vita. Fu in quei momenti che fui messo alla prova. E io combattei per tornare a fare ciò che più desideravo. Sono stati tre anni di riabilitazione molto duri, ma ero motivato dal desiderio di tornare in campo, dalla sensazione della palla tra i miei piedi. E così facendo riuscii a farlo e a vivere nel 2002, in Giappone, quella vittoria in finale di Coppa del Mondo con la Germania con due gol”.
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