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L’ex. difensore dell’Arsenal Bacary Sagna, tramite un’intervista apparsa sul sito ufficiale dell’Arsenal, ha parlato di un periodo di difficoltà che ha dovuto affrontare nel corso della sua lunga carriera calcistica. Nello specifico il francese ha raccontato di aver avuto una forte depressione nel 2008, in seguito alla morte del fratello in un incidente e ad un grave infortunio subito alla caviglia. “È difficile da descrivere, ma sentivo che non andava bene nulla. Nella mia testa sapevo esattamente quello che avrei potuto dare alla squadra, ma il mio corpo non ci riusciva. Certi giorni mi sentivo come un robot. Guidavo fino al centro sportivo e non mi ricordavo neanche come ci ero arrivato”. Molte difficoltà che, come lui stesso spiega, ha deciso di tenere sempre per sè: “Non ne ho mai parlato con nessuno. Le persone che mi conoscono sanno che sono un tipo silenzioso, non sono uno che si fa troppo vedere. Arrivo, mi alleno, faccio il mio meglio e poi se devo farmi avanti lo faccio. Ma sono un tipo tranquillo e non chiederei mai aiuto”.
Nonostante ciò però qualche compagno di squadra si era accorto del periodo difficile che stava affrontando il francese, come racconta con queste parole: “I miei compagni di squadra ovviamente sapevano che c’era qualcosa che non dava, perchè vivevano assieme a me. Erano tutti molto gentili con me, cercavano di farmi ridere”. Sagna poi ci ha tenuto a ringraziare un compagno in particolare, per l’aiuto ricevuto, raccontando questo aneddoto: “Mi ricordo che una volta Clichy mi ha portato a uno show chiamato Africa Africa alla O2 di Londra. Conoscevo Gael sin dai tempi della nazionale e mi è sempre stato molto vicino. Mi ha aiutato molto, ma tutti quanti hanno cercato di darmi una mano, per farmi capire che sono comunque una persona fortunata, non importa quello che succede”. Sagna però racconta che per uscire definitivamente da questo duro periodo, ci è voluto l’aiuto di uno psicologo: “Devo ringraziare Neil, uno degli psicologi del club. Una sera, prima di una partita, mi ha detto; ‘Posso parlarti? Ho notato che ci sei, ma è come se non ci fossi. Che ti passa per la testa?’. E quindi abbiamo parlato, ho capito che era ora di far uscire tutto. E piano piano sono tornato me stesso. Sono tornato ad avere fiducia nei miei mezzi, a essere decisivo e a giocare meglio. Il calcio prima era tutto per me, ma ora, una volta che sono finiti i 90 minuti, ci sono altre cose di cui parlare”.
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