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È finita la storia d’amore tra Josè Mourinho ed il Manchester United (semmai di sentimento amoroso si sia mai trattato). Lo ha comunicato questa mattina il club con una nota nella quale non si evince tuttavia se sia stato il portoghese a lasciare i Red Devils o se l’ex Inter sia stato licenziato. Non si aspettava probabilmente questa fine il manager di Setubal quando il 27 Maggio del 2016 sostituiva Van Gaal e prendeva possesso di una delle panchine più gloriose d’Inghilterra e di tutt’Europa. Eppure il suo compito non era di quelli facili: riportare il Manchester United tra le prime della classe, regalare nuova linfa ed entusiasmo ad una piazza che dopo lo struggente addio di Sir Alex ha avuto molti più dolori che gioie.
L’ARRIVO – Le premesse in realtà non erano malvagie. Nella finestra di mercato estiva arrivavano pezzi pregiati come Mkhitaryan dal Dortmund, il giovane dalle belle speranze Eric Bailly dal Villareal ma soprattutto Paul Pogba per 110 milioni di euro e Zlatan Ibrahimovic dal Paris Saint Germain. Il fenomeno svedese regalava la Community Shield allo Special One decidendo con il gol del 2-1 la sfida contro le Foxes campioni di Inghilterra. A Febbraio giungeva il secondo trofeo dell’era Mourinho, la coppa di Lega contro i Saints, ed a decidere il match era tanto per cambiare Ibra con una doppietta che fissava il punteggio sul 3-2. Nonostante il quinto posto in Premier League la stagione assumeva connotati positivi dopo il terzo trofeo, quello più importante, l’Europa League. Sconfitto per 2-0 l’Ajax in finale, sebbene lo United fosse privo del gigante di Malmõ che li aveva guidati sin lì. Dunque la prima stagione sulla panchina dei Red Devils per Mou si concludeva in maniera tutto sommato convincente: 3 trofei riportati a casa non sono infatti pochi per una società che negli ultimi anni ha speso molto e vinto ben poco.
LE PRIME DIFFICOLTÀ – Le premesse della stagione successiva non erano invece particolarmente esaltanti: salutavano sia Ibra e Rooney (non esattamente due qualunque), arrivavano invece Lindelöf dal Benfica, Matic dal Chelsea e l’ariete Romelu Lukaku dall’Everton. Al di là delle finali perse, in estate (Supercoppa Europea) con il Real Madrid per 2-1 ed in primavera (FA Cup) contro il Chelsea per 1-0, a deludere era la sconfitta a livello di ottavi di finale in Champions League contro il Siviglia di Vincenzo Montella (0-0 fuori casa, 1-2 tra le mura amiche). Il secondo posto in campionato,seppur a distanze siderali dal City di Guardiola, non era invece traguardo da buttar via. A non convincere però non erano solo i meri risultati, ma l’impressione che al Manchester targato Mourinho mancasse la compatezza di squadra sia a livello tattico sia a livello mentale, caratteristica propria delle squadre dello Special One. Ed infine a preoccupare era ed è tutt’ora la gestione del mercato. Troppe seconde punte e ali d’attacco: Martial, Rashford, Mata, Young, Lingard e Sanchez arrivato a gennaio; pochissimi giocatori d’esperienza dietro: Lindelöf e Bailly troppo giovani per comandare una difesa, Smalling che negli anni non ha mai trovato la continuità che deve essere propria di un difensore da top club. Di Pogba che dire? Difficile per lui farsi spazio in una squadra che da alcuni anni non è più ai vertici del calcio europeo, difficile altrettanto per Mou gestire una personalità ingombrante come la sua. Il fatto poi che è stato pagato più di 100 milioni e che pochi anni prima la stessa società lo aveva perso a parametro 0 non è certo indice di gestione oculata e lungimirante.
L’ADDIO – Così arriviamo ai primi mesi della stagione 2018/19, mesi molto difficili, infarciti da dichiarazioni abbastanza sfiduciate da parte di Josè, mesi in cui la squadra sembra non avere lo spirito dell’Inter o del Porto di Mou: sfilacciata nei reparti, fragile in difesa e terribilmente snervante in avanti. Il 3-1 in casa degli storici rivali del Liverpool è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Mou non è più un Red Devil, forse non lo è mai stato. I supporters della Manchester rossa invece sì che tornano all’inferno sperando di tornare un giorno a rivivere i fasti di Sir Alex Ferguson.