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“Ho vissuto la guerra del 2014, quando dovemmo abbandonare Donetsk e da allora non siamo più tornati, due anni a Kiev giocando dappertutto ma mai a casa nostra. Pensavo che fosse finita così, invece adesso questo…“. Queste le dichiarazioni di Mircea Lucescu ospite di ‘Radio anch’io sport’ (Rai Radio 1) che ricorda i momenti vissuti da allenatore dello Shakhtar Donetsk, durante la guerra del Donbass scoppiata nell’aprille del 2014. “Dopo la notte dell’attacco russo siamo rimasti a Kiev tre giorni. Poi, con l’aiuto della Uefa e della federazione moldava, tutti gli stranieri delle varie squadre in Ucraina sono andati via, in Romania e poi nei rispettivi paesi. Io ora sono a Bucarest, da dove cerchiamo di aiutare più gente possibile”.
Lucescu non è però daccordo con le sanzioni che hanno escluso gli atleti russi da tutte le manifestazioni sportive: “Per me lo sport deve unire e non doveva essere coinvolto, è come la cultura, qualcosa che dovrebbe rimane fuori dai conflitti”. E spiega: “Mai avrei pensato che sarebbe successa una cosa del genere, ucraini e russi hanno vissuto insieme come fratellli. Ora il problema è tutto politico, non so come andrà a finire perché gli ucraini sono gente fiera. La guerra durerà a lungo e non ci saranno vincitori. Non si doveva arrivare a questo punto“. Il figlio di Lucescu, Razvan, allena il Paok Salonicco, di proprietà di Ivan Savvidis, miliardario russo di origine greca. Suo figlio non ha esitato a prendere posizione contro l’invasione russa: “E’ giusto così, non puoi stare che dalla parte della verità . Con i mezzi che abbiamo dobbiamo cercare di dare aiuto, lui vive quello che sta accadendo con un sentimento di grande partecipazione”.
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