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Fosse stato un ciclista, con questi numeri, avrebbe avuto un soprannome reboante. Josep Guardiola in realtà un vero e proprio soprannome – eccetto il colloquiale Pep – non l’ha mai veramente avuto. Non un ‘Mago’ (Herrera), non uno ‘Special One’ (Mourinho). In compenso sulla stampa inglese inizia ad affacciarsi una definizione pesante per il suo Manchester City, ribattezzato “la squadra inglese più forte di tutti i tempi” dal Telegraph. I Citizens, con la sconfitta dell’Arsenal col Nottingham, hanno vinto il quinto titolo di Premier League in sei anni e Pep Guardiola può affacciarsi sempre più nell’Olimpo del calcio britannico anche dal punto di vista dei numeri. Eguagliati Sir Matt Busby e Tom Watson. Solo Sir Alex Ferguson (13), George Ramsay e Bob Paisley (6) hanno fatto meglio del tecnico catalano, che dalla sua ha l’età: 52 anni, pochi ancora per un allenatore. L’ultimo capolavoro di Pep è una rimonta che spegne i sogni dell’allievo Arteta. All’inizio di aprile il City era distante di cinque punti dall’Arsenal, ma una serie di 12 vittorie consecutive in campionato ha deciso la rimonta e l’aritmetica certezza della vittoria della Premier in anticipo. Si tratta del primo tassello per il sogno del Triplete. All’orizzonte c’è il derby in finale di FA Cup contro il Manchester United e l’ultimo atto in Champions League con l’Inter. Il sogno del Treble passa quindi contro due squadre che la tripletta l’hanno già fatta. I Red Devils nel 1998-99, i nerazzurri nel 2009-10 quando Guardiola dovette arrendersi alla banda Mourinho. Se il calcio dei petroldollari ha finalmente superato l’ultimo scoglio, bisognerà aspettare per capirlo. C’è tempo per pensarci e il City ora si gode la vittoria del titolo. L’Arsenal non ha retto alle pressioni, nonostante le energie risparmiate dopo l’eliminazione dall’Europa League.
Pep dal canto suo si è avvicinato alla perfezione. Il City – più degli anni scorsi – è diventato quasi impossibile da decifrare. L’11 in campo è un perfetto mix tra la coordinazione tra i reparti (ammesso che esistano ancora nella vecchia concezione) e la libertà lasciata agli interpreti. Sa assorbire la vecchia interpretazione dei ruoli e restituisce uno spettacolo soffocante per gli avversari senza precedenti. La sua ferocia nella ricerca del pallone ha impedito ai campioni d’Europa del Real Madrid di completare più di 13 passaggi nei primi 15 minuti (contro i 124 del City). Al resto pensano gli interpreti, ovvio, ma è il contesto che li rende unici. Haaland ha stracciato il record di 34 marcature in campionato di Andy Cole e Alan Shearer e ha sfondato quota 50 gol stagionali. Kevin De Bruyne ha toccato la cifra monstre di 28 assist, due come Rodri e Stones sono le solite garanzie, mentre Gundogan continua a rimanere costante su livelli altissimi. Poi c’è Jack Grealish, alla sua migliore stagione in carriera. Le rotazioni aiutano e gli ingressi in campo di Riyad Mahrez, Phil Foden e Julián Álvarez contro il Real Madrid lo dimostrano. Alla fine però tutto sembra ruotare intorno al cervello della guida tecnica, con la sensazione sempre più forte che si stia vivendo qualcosa che verrà ricordato anche tra un secolo. E le pagine da scrivere a 52 anni sono ancora tante.
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